Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

​Il nodo dell’utilizzo dei beni sequestrati agli oligarchi russi

di Angelo De Mattia
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Lunedì 4 Marzo 2024, 00:00
Le perplessità sotto il profilo giuridico e finanziario che, pur condividendo le finalità, nutrono alcuni Governi, ivi compreso il nostro, per l’utilizzo dei beni russi per 300 miliardi di euro congelati, allo scopo di consentire all’Ucraina l’acquisto, in particolare, di armamenti, non sono infondate. Lo studio approfondito dell’eventualità di una tale misura, da valutare quando si terrà il G.7 dei Capi di Stato e di Governo, è doveroso. La Segretaria al Tesoro americano Janet Yellen si è detta favorevole a una tale decisione alla condizione, però, che si adottino norme aggiuntive e sussista il concorso di tutti i Paesi nei quali i beni sono stati congelati e che, più in generale, si sono schierati a sostegno dell’Ucraina. Ovviamente, ha aggiunto, ciò non deve significare che così non si fa ricorso agli stanziamenti nazionali. Come per le sanzioni, si tratta di una materia complessa, nell’affrontare la quale, se non si considerano tutti gli aspetti del problema e non si tiene conto delle reazioni della Russia per prevenirle o comunque per essere in grado di contrastarle efficacemente, è facile esporsi a boomerang, come del resto è appunto accaduto nella fase iniziale dell’irrogazione delle stesse sanzioni.
Le modalità di impiego dei suddetti beni vengono presentate secondo diverse ipotesi, che vanno dal loro pieno utilizzo all’impiego dei soli extraprofitti (senza tuttavia stabilire come li si intenda). Una modalità concreta riguarderebbe la possibilità per l’Ucraina di emettere “tranche” di obbligazioni annuali (si parla di 50 miliardi) a valere sugli euro congelati; a conclusione del conflitto, stimati i danni di guerra provocati dalla Russia e i conseguenti indennizzi, i beni anzidetti sarebbero in tutto o in parte incamerati dal Paese invaso. Ora è, però, ovvio che l’emissione dei titoli debba fondarsi su di un corrispettivo e garanzie certi - che, nel progetto, tali non sono quanto alla proprietà - per cui il problema dell’ammissibilità in questa fase dell’utilizzo degli asset russi si ripresenta.
Non può essere risolto, come sembra ipotizzi la Yellen, con norme aggiuntive. Insomma, o si ritiene che sussistano un principio di diritto internazionale o una convenzione internazionale che legittimano un tale incameramento o, diversamente, non si può legittimare quest’ultimo ora, ex post, contravvenendo a un principo fondamentale di civiltà giuridica “ nullum crimen sine lege”. Non vi è bisogno di un nuovo Grozio o di un nuovo De Vitoria per osservarlo. In caso contrario, se si volesse ugualmente procedere, sarebbe l’affermazione di una non facile teoria dell’effettivita’ o, peggio, del più forte. Non si tratta di formalismo. Un passo sbagliato darebbe la stura a infinite controversie con il rischio pure di soccombere. E tutto ciò potrebbe avere riflessi negativi sull’euro, sull’affidabilità e fiducia nella moneta unica, sulle prospettive.
Altra è la situazione che si potrà determinare alla sperata conclusione del conflitto con la rilevazione dei danni di guerra, anche se non si tratterà di una passeggiata e la storia insegna di dover badare bene agli effetti: basti ricordare il saggio di Keynes “Le conseguenze economiche della pace” e quel che significarono le riparazioni dei danni della prima guerra mondiale a carico della sconfitta Germania per il sopravvenire del nazismo. Insomma, occorre un approfondimento interdisciplinare che sia condotto dai maggiori esperti europei nel campo del diritto, dell’economia, della finanza, della storia. Certo, se per il sostegno all’Ucraina si optasse per un debito comune europeo, per la quota spettante all’Unione - vi sono pure gli altri Paesi che dovrebbero concorrere in primo piano, a cominciare dagli Usa - la soluzione sarebbe più facile, dal punto di vista tecnico, ma sarebbe complessa e probabilmente non di facile condivisione dal punto di vista politico. Tutto ciò non significa che si intenda abbandonare l’Ucraina, in particolare in questa difficile fase, ma vuole segnalare l’estrema esigenza di realismo e ponderazione. Naturalmente, azioni e sforzi per arrivare a una cessazione delle ostilità al fine di intraprendere un percorso verso un accordo di pace presenterebbero un quadro così nuovo che tutte le ipotesi finora formulate non avrebbero più senso. E naturalmente questo dovrebbe essere l’obiettivo prioritario.
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