Il modello assicurativo cerca un nuovo mix tra Bismarck e Beveridge

Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol
di Marco Barbieri
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 09:45 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 16:02

I due grandi modelli di welfare che ha conosciuto l'Occidente (potremmo dire l'Europa tout court) nascono in due tempi radicalmente diversi. Quello di Otto von Bismarck (contributivo, assicurativo) è progettato in uno Stato e in una società, quella prussiana e mitteleuropea di fine Ottocento, che stava crescendo: la protezione sociale è funzione di un progresso economico che stava galoppando e che doveva essere consolidato. Il modello Beveridge è invece quello che nasce sulle macerie fumanti di una guerra che era ancora in corso. Nel novembre del 1942, durante il secondo conflitto mondiale, William Beveridge presenta al governo Churchill i lavori della commissione di studio sul sistema di protezione sociale che aveva presieduto, il rapporto Social Insurance and Allied Services, da allora meglio conosciuto come Piano Beveridge, l'archetipo di ogni Welfare State.

DUE SISTEMI
Dopo decenni di contrapposizione ideale e ideologica tra i due sistemi assicurativo/privato e assistenzialistico/pubblico prima dell'esplosione dell'emergenza Covid sembrava essersi affermato un mix di buon senso e di buone pratiche. Il welfare mix, pubblico-privato, non era ancora un modello, ma una prassi consolidata, anche in Italia, dove si è dato faticosamente spazio alle esperienze privatistiche, pur in presenza di un Welfare State tutt'altro che magro, che valeva più o meno 500 miliardi di euro, secondo i numeri dell'ultimo Rapporto Welfare, Italia.
Un Welfare State non magro, ma destinato a dimagrire, a fronte di 40 miliardi di spesa sanitaria privata, 170 miliardi di contributi previdenziali per il secondo pilastro, circa 80 miliardi raccolti e amministrati dalle Casse professionali e qualche decina di miliardi rivolti alle iniziative di welfare aziendale, e così privatizzando.
Poi, un paio di mesi fa - ma sembra già un'altra fase storica, un'era geologica nuova è arrivato il coronavirus e il sistema di protezione sociale, saggiamente indirizzato al welfare mix, ha subito una scossa, che se fosse un sisma sarebbe di magnitudo altissima. Se ci fosse una scala Richter per i terremoti sociali ed economici, saremmo sopra l'ottavo grado. L'epicentro è il sistema sanitario. I danni più profondi anche se ancora non del tutto evidenti riguardano l'industria assicurativa.

IL TERREMOTO COVID-19
Giovanna Gigliotti, ad di Unisalute (Gruppo Unipolsai) spiega: «Stiamo facendo e abbiamo fatto la nostra parte. Di fronte al calo di fatturato delle strutture private - laboratori di analisi rimasti chiusi, cliniche con attività ridotta - abbiamo provveduto ad anticipare il pagamento delle fatture, proprio per evitare che la crisi finisca per gravare ancora più duramente su un comparto essenziale per la vita delle nostre comunità. Nella nuova fase che si sta aprendo dobbiamo auspicare una stretta collaborazione anche per le attività di prevenzione e di controllo: le strutture convenzionate e i laboratori privati accreditati potrebbero dare un supporto attivo nelle grandi e nelle piccole aziende per il monitoraggio che dovrà essere attivato. Tutta l'attività di telemedicina che offriamo costituisce un altro tassello nella costruzione di quella mappa di presidi utili alla rilevazione di temperatura o di saturazione polmonare che saranno elementi essenziali nella fase di convivenza con il virus».
Dal canto suo Paolo De Santis, consigliere delegato di Generali Welion, sostiene: «Noi confidiamo in un rafforzamento del Sistema sanitario nazionale con un aumento delle risorse a sua disposizione che inverta il trend dell'ultimo decennio. Riteniamo altresì che l'impatto di tale rafforzamento sui risultati di salute, la soddisfazione e la protezione dei cittadini potrà essere amplificata da una maggiore integrazione con il settore privato sia dal lato dell'erogazione sia dal lato del finanziamento. Crediamo inoltre che il settore privato abbia un ruolo fondamentale nell'accelerare l'innovazione nella sanità, non soltanto nel mondo dei farmaci e dispositivi medicali, ma anche nella modalità di erogazione delle cure, ad esempio in termini di telemedicina, e nella digitalizzazione non soltanto dei processi di lavoro ma anche nell'erogazione dei servizi sanitari».

REDDITI E RISPARMIO
Una recente analisi di Prometeia guarda alle prospettive del comparto Vita: «Un rallentamento del ciclo economico condizionerebbe certamente lo sviluppo dei redditi ma potrebbe accompagnarsi ad un incremento della propensione al risparmio, con effetti positivi sulla domanda di forme di investimento garantite e a basso rischio, come quelle tradizionalmente offerte dalle polizze assicurative. E qui entrano in gioco, come già nella seconda parte del 2019, gli interrogativi sulla capacità del settore di assorbire questa domanda in un contesto di tassi di interesse che, comunque, dovrebbero mantenersi storicamente bassi».
Conclude Gigliotti: «Da questa emergenza credo che sia emersa una esigenza di più forte integrazione tra pubblico e privato. Abbiamo esteso la copertura assicurativa contro il rischio Covid a tutti i clienti - gestiamo la quasi totalità dei fondi contrattuali di sanità integrativa - che ce lo hanno chiesto. Sono state attivate oltre 5,5 milioni di coperture. I nostri attuari continuano ad acquisire tutte le informazioni utili per trovare le soluzioni assicurative più idonee di fronte a una situazione che era imprevedibile e che non ha precedenti. E' chiaro che in questa fase l'obiettivo che ci fa muovere non è l'individuazione di nuove marginalità. C'è un'etica del Gruppo che guida tutta la gestione di questa emergenza, un'etica che spinge a condividere il rischio, a utilizzare la forza della mutualità».
 

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