Dalla XXXV Indagine Giovani e Lavoro di GIDP emerge un ribaltamento significativo rispetto all’anno precedente: il bisogno di flessibilità supera quello della retribuzione e benefit
La XXXV Indagine “Giovani & Lavoro”, condotta da GIDP – Gruppo Italiano Direttori del Personale – l’associazione che riunisce oltre 4.500 HR manager che sono stati chiamati nel primo semestre 2025 a rispondere all’indagine realizzata con l’Osservatorio Paolo Citterio – propone un’analisi puntuale su come le imprese italiane – in particolare quelle più strutturate – stiano gestendo l’ingresso dei profili junior e senior, in un momento storico segnato da transizioni tecnologiche, discontinuità geopolitiche e forti trasformazioni culturali. Il dato più rilevante è che la distanza tra imprese, giovani e formazione non è più solo un problema di competenze, ma tocca piani più profondi. Una disconnessione sistemica che va oltre il tema delle competenze tecniche. Tocca il piano dei valori, del linguaggio e delle aspettative reciproche.
FLESSIBILITÀ AL PRIMO POSTO
Per la prima volta, secondo l’indagine GIDP, il desiderio di smart working e orario flessibile supera in assoluto tutte le altre priorità nei colloqui di selezione, scalzando dal primo posto retribuzione e benefit, che ora si attestano al secondo posto, seguiti da chiarezza sulle mansioni. Un ribaltamento significativo rispetto all’anno precedente, quando la flessibilità figurava solo al terzo posto. È un chiaro segnale che il concetto di “buon lavoro” sta cambiando rapidamente, con una generazione che chiede più autonomia organizzativa, equilibrio e senso, prima ancora di definire il pacchetto retributivo. Le aziende, dal canto loro, sembrano rispondere a questa esigenza solo in parte: se è vero che la componente economica è oggi la più presidiata (passata dal 3° al 1° posto tra le priorità aziendali), la flessibilità resta al quarto posto tra gli elementi realmente offerti, dopo retribuzione, chiarezza sulle mansioni e percorsi interni di crescita. È qui che si consuma una prima parte della disconnessione
CONVIVENZA INTERGENERAZIONALE
Il cuore della ricerca 2025 è però dedicato al tema della convivenza intergenerazionale, che coinvolge ormai la quasi totalità delle aziende italiane: nel 90% dei casi, sono presenti tre o più generazioni nello stesso ambiente di lavoro. Eppure, solo il 23,7% ha attivato programmi strutturati di mentorship tra senior e junior.
La maggior parte delle imprese riconosce il valore potenziale di questa coesistenza – il 38,2% la percepisce come un’opportunità concreta – ma pochi la gestiscono con strumenti efficaci. In alcuni casi (10,5%) viene anzi vissuta come una sfida gestionale, difficile da armonizzare.
DISTANZA INTERGENERAZIONALE
Le divergenze più forti emergono su stili comunicativi, aspettative di carriera, uso degli strumenti digitali e visione del work-life balance. Nonostante ciò, la quasi totalità delle aziende (89,7%) convive quotidianamente con generazioni diverse, senza una regia che possa trasformare questo dato in una leva culturale e competitiva. “La convivenza tra generazioni è il vero stress test per le imprese italiane” commenta Marina Verderajme, Presidente GIDP “e rappresenta una delle aree dove si gioca la capacità di tenere insieme innovazione e continuità. Dove si gestisce bene, si cresce meglio. Dove manca il confronto, si crea frammentazione.”
POCA EFFICACIA DEL SISTEMA DI RECRUITING
Altro dato interessante che emerge nell’edizione 2025 della ricerca di GIDP riguarda i canali di selezione dei giovani. Le università e i career service, pur restando tra le vie più battute, scendono dal 28% al 16,9%, mentre anche LinkedIn cala al 10,8% (dal 16% dell’anno scorso). Nessun canale emerge con forza, a conferma di un sistema di recruiting frammentato e poco innovativo: il 95,4% delle aziende dichiara di non aver cambiato nulla rispetto al 2024. Per quanto riguarda i profili senior, LinkedIn resta il canale preferito (25,4%), ma quasi il 50% delle aziende segnala difficoltà a trovare profili tecnici realmente pronti, e il 17,5% dichiara di dover comunque avviare percorsi formativi anche per i senior appena assunti.
LE SOFT SKILLS DETERMINANO LA SCELTA DEL CANDIDATO
Quando si parla di talento, sono sempre più le soft skills a determinare la scelta del candidato. Tra gli junior, la più apprezzata è il problem solving (26,2%), in crescita rispetto al 18% dello scorso anno, seguita da creatività (18,5%) e flessibilità (16,9%). Per i senior, la leadership è la competenza più richiesta (32%), seguita da autonomia (22%). Solo l’1,5% delle aziende valuta prioritarie le competenze tecniche specifiche. Il talento, oggi, non è più solo “saper fare”, ma saper agire in contesti complessi.
La disconnessione è evidente anche nella preparazione dei profili in ingresso. Il 26,2% delle aziende segnala la necessità di formare internamente i neolaureati dopo l’assunzione, mentre il 23% fatica a trovare neodiplomati tecnici già pronti. Solo il 15% afferma di non avere problemi nel reperimento di profili junior.
“Perché il lavoro giovanile in Italia possa davvero rilanciarsi, occorre un cambiamento sistemico fondato su tre direttrici: Riforma del dialogo tra istruzione e imprese con percorsi formativi più aderenti alle richieste del mercato; Incentivazione all’assunzione stabile e qualificata per rendere il lavoro attrattivo e sostenibile; Diffusione di una cultura organizzativa inclusiva, flessibile e orientata al senso, in grado di motivare le nuove generazioni e valorizzare le precedenti. Il futuro del lavoro dei giovani in Italia dipende dalla nostra capacità collettiva di innovare, cooperare e credere nel cambiamento. E sono proprio le imprese, insieme a scuole, università e istituzioni, a detenere le chiavi di questo rilancio. Con consapevolezza, visione e coraggio, è possibile trasformare le fragilità attuali in nuove traiettorie di crescita costruendo un mercato del lavoro più equo, competitivo e a misura di futuro” ha concluso Marina Verderajme.
L'articolo GIDP: la distanza tra giovani e imprese è sistemica e non riguarda solo le competenze proviene da WeWelfare.