Tassi, la Bce ora teme la recessione e ferma la corsa degli interessi al 4,50%

Prima pausa dopo dieci aumenti consecutivi, Lagarde: «Ma è prematuro discutere di tagli»

Tassi, la Bce ora teme la recessione e ferma la corsa degli interessi al 4,50%
di Gabriele Rosana
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Venerdì 27 Ottobre 2023, 00:04

Il quindicesimo mese, la Bce si riposò. Dopo dieci rialzi consecutivi che hanno portato il costo del denaro al livello più alto dall’introduzione della moneta unica, la Banca centrale europea ha messo in pausa, ieri, i ripetuti aumenti dei tassi d’interesse iniziati più di un anno fa, nel luglio 2022. 

LE TAPPE

Se, per ora, un taglio resta un miraggio, la boccata d’ossigeno per famiglie e imprese era invece ampiamente attesa dai mercati e dagli osservatori, in particolare dopo il colpo di coda del rialzo di 25 punti base deliberato di misura a settembre, lasciando intravvedere, secondo gli esperti, la luce in fondo al tunnel.

Anche perché a preoccupare adesso è la crescita al palo, insieme alle conseguenze sull’economia globale dell’acuirsi del conflitto in Medio Oriente, a cominciare dall’impatto sui prezzi dell’energia: «L’economia dell’Eurozona sarà debole per il resto dell’anno», ha spiegato la presidente della Bce Christine Lagarde, con la manifattura in contrazione, «i servizi che si sono indeboliti ulteriormente per il contagio dell’industria» e «la stretta al credito che pesa sui consumatori». La tregua siglata ieri all’unanimità dal consiglio direttivo della Bce - riunito ad Atene, per la consueta riunione annuale fuori da Francoforte - mantiene così il tasso principale al 4,5%, il marginale al 4,75% e quello sui depositi al 4%. Il focus, semmai, si sposta sulla durata della stretta monetaria, perché «l’inflazione è ancora troppo alta» e, secondo le stime dell’Eurotower, rimarrà alta «molto a lungo», ragion per cui tenere i tassi a questi livelli per sufficiente tempo darà «un contributo sostanziale» per riportare l’indice dei prezzi al consumo all’obiettivo del 2% simmetrico perseguito dalla Bce, si legge nel comunicato finale. È la pausa tanto attesa dopo che l’inflazione nell’Eurozona a settembre, secondo i dati di Eurostat, s’è sgonfiata di quasi un punto percentuale attestandosi al 4,3% (ben lontana dal picco del 10,6% dell’ottobre 2022), con quella di fondo, calcolata cioè al netto di beni energetici e alimentari, al 4,5%. Soglie di guardia, ma che consentono alla Banca centrale europea di adottare la linea morbida finora caldeggiata dalle colombe dell’Eurosistema. Che vuol dire in concreto uno stop, perlomeno temporaneo, ai rincari dei mutui a tasso variabile. Lagarde, però, s’è affrettata a raffreddare gli entusiasmi, tanto che le Borse europee hanno chiuso tutte in ribasso tranne Piazza Affari (+0,29%): «Ora c’è la pausa, ma questo non vuol dire non rialzeremo nuovamente» i tassi, né che il picco sia stato raggiunto. Se il costo del denaro rimarrà «a livelli restrittivi finché serve», per ora non c’è nessun segnale che si possa cominciare ad allentare la morsa, e a tagliare i tassi: una mossa di questo tipo «non è stata discussa» e, anzi, «è assolutamente prematuro anche solo parlarne».

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Per Lagarde, neppure l’ombra di un rimorso per la strada percorsa finora: «”Non, je ne regrette rien” (Non mi pento di nulla)», ha detto, citando il successo di Edith Piaf. Tanto per il passato quanto per il futuro vale il mantra della Bce, ripetuto pure ieri: «Dipendiamo dai dati» anche rispetto alla durata della stretta, che sarà calibrata «riunione per riunione». Tra gli analisti, la convinzione è il ciclo rialzista sia arrivato al capolinea. «Ci aspettiamo che la politica dei tassi invariati si estenderà fino al 2024», ha affermato Gurpreet Gill di Goldman Sachs, secondo cui «il nostro scenario di base prevede un taglio dei tassi a partire dal terzo trimestre dell’anno prossimo (cioè dopo l’estate, ndr), anche se un forte rallentamento dell’economia o un deterioramento del mercato del lavoro più ampio del previsto potrebbero spingere ad anticipare» alcune mosse.  

IL SENTIERO

Sempre da Atene, il numero due di Lagarde, Luis De Guindos, si è invece soffermato sul prelievo sugli extraprofitti delle banche varato dal governo italiano (misure simili sono state prese pure da Spagna e Lituania), promuovendo il provvedimento alla luce delle modifiche apportate in sede di conversione, dopo l’iniziale bocciatura di settembre: «La versione finale» è «molto più ragionevole», poiché permette, in alternativa al versamento, la possibilità «di aumentare le riserve», opzione preferita dai principali istituti di credito.  
 

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