Allarme Svimez: «Centro come il Sud, sul Pil si allarga il divario con il Nord»

Crescita più lenta nelle Regioni meridionali e centrali. Inflazione e incertezza legata alla guerra potrebbero ampliare ancora le distanze

Allarme Svimez: «Centro come il Sud, sul Pil si allarga il divario con il Nord»
di Luca Cifoni
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Giovedì 4 Agosto 2022, 01:09

Un 2021 di forte rimbalzo per tutta l’economia italiana, che però è stato più rapido al Nord rispetto al Centro e al Mezzogiorno. E poi un 2022 in cui la frenata indotta dalla corsa dei prezzi e dalla guerra in Ucraina penalizza in maniera più marcata ancora le Regioni centro-meridionali.

Con il rischio che i divari si allarghino ulteriormente nel clima di incertezza che caratterizzerà i prossimi mesi, a danno soprattutto del Sud ma anche di alcune particolari aree dell’Italia centrale. Le anticipazioni del rapporto Svimez rese note ieri forniscono come di consueto una chiave di lettura analitica di quanto sta accadendo nel nostro Paese, permettendo di andare oltre le indicazioni che derivano dalle semplici medie dei tassi di crescita. Per i territori meridionali, ma in genere per quelli caratterizzati da strutture amministrative più deboli, c’è anche il pericolo di non cogliere l’occasione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che tra i suoi obiettivi avrebbe proprio quello di ridurre le distanze.


SIMMETRIA
Lo scorso anno il recupero dell’economia italiana è stato sostanzialmente simmetrico rispetto alla brusca caduta del 2020: quindi le Regioni maggiormente colpite hanno recuperato terreno con maggiore intensità.

A fronte del 6,6 di crescita del prodotto interno lordo a livello nazionale, il Nord-Est ha fatto segnare un +7,5% e il Nord-Ovest si è attestato al 7%. Sotto la media sia il Centro che il Mezzogiorno, entrambe ferme al 5,9%. Per l’anno in corso Svimez prevede un andamento complessivo buono (+3,4%) che però è il risultato della vigorosa spinta della prima parte dell’anno (in particolare del secondo trimestre) a cui seguiranno mesi più difficili, per la ricaduta negativa della tensione sui prezzi e dell’incertezza globale. Nel 2022 Veneto, Emilia-Romagna e Trentino Alto-Adige viaggeranno ad una velocità superiore al 4%, ma tra le Regioni che secondo le stime avranno un ritmo di crescita più blando ci sono oltre a Calabria, Basilicata, Sicilia e Molise anche il Lazio e l’Umbria. Nel 2023 si accentuerà la difficoltà delle aree meridionali: l’incremento del Pil sarà appena dello 0,9 per cento, in un contesto generale di ulteriore rallentamento. Nel complesso tendono a consolidarsi le differenze di performance tra le Regioni; e questo, in un arco di tempo in cui dovrebbe farsi sentire l’effetto riequilibratore del Pnrr, è un segnale da tenere d’occhio. Come è noto, al Sud e alle isole è destinato il 40 per cento della spesa del Piano, ma questa garanzia sul piano numerico rischia di essere contraddetta nei fatti dalle difficoltà di progettazione e di realizzazione, che si fanno sentire in misura maggiore proprio in quelle Regioni.


LE CRITICITÀ
Il Mezzogiorno è colpito in misura maggiore anche da alcune delle criticità che si stanno manifestando con forza in questi mesi e che con tutta probabilità sono destinate a non svanire molto presto. È il caso ad esempio dell’impatto dell’inflazione sui consumi delle famiglie, che è più forte in presenza di redditi bassi e quindi destinati in prevalenza a spese come quelle alimentari o di trasporto. Di conseguenza in questa parte del Paese si manifesterà - e si sta già manifestando - una più visibile gelata dei consumi.
Ma anche sul fronte delle imprese, quelle meridionali sono maggiormente colpite sia dai costi di approvvigionamento dell’energia (più elevati a causa della minore dimensione media delle aziende) sia da quelli di trasporto (per la maggiore distanza dai principali mercati di sbocco). E in senso negativo - sempre a causa della maggiore debolezza del sistema produttivo - incidono anche i rischi di razionamento del credito che si potrebbero manifestare in caso di perdurante incertezza finanziaria, eventualmente legata anche all’instabilità politica.
 

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