Sud, sorpresa crescita: stesso passo del Nord, ma è più vulnerabile. Nel 2023 il Pil salirà dello 0,9% spinto da turismo e investimenti

I salari sono fermi al palo: un lavoratore su quattro guadagna meno di 9 euro l’ora

Sud, sorpresa crescita: stesso passo del Nord, ma è più vulnerabile. Nel 2023 il Pil salirà dello 0,9% spinto da turismo e investimenti
di Andrea Bassi
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 07:08

Il Sud c’è. Il motore economico del Mezzogiorno è acceso e ha agganciato la ripresa. La crescita riesce a marciare quasi allo stesso passo del Nord. Ma non c’è da cantare vittoria, perché i divari accumulati negli anni con le Regioni settentrionali restano e l’economia meridionale rimane più vulnerabile. A scattare la fotografia sullo stato di salute economica del Mezzogiorno è stata, come di consueto, la Svimez. L’associazione diretta da Luca Bianchi e presieduta da Adriano Giannola, ha presentato ieri i dati a Palazzo Chigi alla presenza del ministro Raffaele Fitto. Secondo l’analisi della Svimez, quest’anno il Pil italiano salirà dell’1,1 per cento. La crescita del Mezzogiorno sarà dello 0,9 per cento, contro l’1,2 per cento del Centro-Nord. La differenza, insomma, sarà di soli tre decimi di punto, distante insomma, dai divari ampi che si erano creati nelle due aree del Paese dal 2008 in poi, ossia dall’epoca della grande crisi finanziaria. 

LE PROSPETTIVE
Nel 2024 e nel 2025 – sostiene la Svimez - la crescita italiana dovrebbe attestarsi su valori rispettivamente del 1,4 e dell’1,2 per cento, anche in questo caso con uno scarto di crescita sfavorevole al Mezzogiorno, ma dell’ordine di pochi decimi di punto. Se si guarda alle dinamiche delle singole Regioni, è interessante notare che quest’anno la Toscana e il Lazio cresceranno, secondo le previsioni della Svimez, anche più del ricco Nord-est. Il Pil della Toscana è stimato all’1,6 per cento, quello del Lazio all’1,4 per cento, mentre la Lombardia e il Veneto non andranno oltre rispettivamente l’1,3 e l’1,2 per cento. Ma è anche vero che il Lazio rischia di essere una mosca bianca in un’Italia centrale, con Umbria e Abruzzo, con una crescita ferma allo zero virgola. 
Ma torniamo al Mezzogiorno.

Cos’è che ha spinto la crescita? Per il 71 per cento il Pil è stato alimentato dai servizi. Il turismo, certo, che dopo li lock down della pandemia ha fatto registrare un vero boom. Ma anche i servizi professionali alle imprese. Un evidente segno che il Pnrr sta dando i suoi frutti anche fuori dal campo delle costruzioni. 

IL PASSAGGIO
Tutto bene dunque? Non proprio. Rispetto al Nord, il Mezzogiorno non ha ancora recuperato i livelli di Pil precedenti il 2008. È ancora sette punti sotto. Ma soprattutto il Sud risente maggiormente dell’inflazione. La ragione è abbastanza semplice. Il caro prezzi colpisce soprattutto energia e carrello della spesa e dunque, si fa sentire sui redditi più bassi. Che sono concentrati nel Meridione. I prezzi al consumo sono cresciuti più nel Sud (8,7 per cento) che nel Settentrione (7,9 per cento). E questo fa sì che la riduzione dei consumi si faccia sentire di più da Roma in giù. Il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti si è ridotto dell’8,4 per cento, contro il 7,2 per cento del Centro-Nord. Senza contare la questione del “lavoro povero”. Un milione di lavoratori che guadagnano meno di nove euro l’ora, ha calcolato la Svimez. In pratica uno su quattro di quelli che lavorano nel Mezzogiorno. Un dato positivo, invece, arriva dal Pubblico impiego. L’occupazione statale è tornata a crescere. Nel meridione ci sono 90 mila lavoratori pubblici in più. Frutto, probabilmente, anche delle assunzioni straordinarie legate al Pnrr. 

Il rapporto della Svimez, poi, mette in guardia su alcuni rischi che ci sono all’orizzonte sulla crescita economica meridionale. Eventuali nuove strette sui tassi di interesse da parte della Bce, per esempio, peserebbero molto più sulla crescita del Mezzogiorno che su quella del Settentrione. Se dopo il rialzo scontato di luglio di 25 punti base del tasso di riferimento, ce ne fossero altri, l’effetto negativo sul Pil del Sud sarebbe dello 0,8 per cento, contro lo 0,6 per cento del Nord.Qual è dunque, il destino del Sud? Molto dipende da come saranno spesi i fondi del Pnrr e quelli della coesione. Con il rischio che, si tratti di un’ultima chiamata. Èstato lo stesso ministro Fitto a ricordare come in Europa si sia aperto un dibattito sull’efficacia delle politiche di coesione. Fondi che potrebbe essere difficile difendere se non spesi e soprattutto spesi bene.
 

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