Pensioni, uscita anticipata ma con l'assegno tagliato per il dopo quota 100. Oggi sindacati da Draghi

I sindacati confermano la bocciatura di Quota 102, cioè la possibilità di uscire nel 2022 con 64 anni di età e 38 di contributi

Pensioni, si studia l'uscita anticipata ma con l'assegno tagliato per il dopo quota 100. Oggi sindacati da Draghi. nella foto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini con il premier Mario Draghi
di R. Ec.
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Martedì 16 Novembre 2021, 15:29 - Ultimo aggiornamento: 20:18

Pensioni, oggi pomeriggio è in agenda l'incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e i sindacati sul delicato tema delle pensioni. Sul tavolo c'è soprattutto le nuove possibilità di uscita in anticipo che dovranno sostituire in modo definitivo Quota 100, che scadrà alla fine di quest'anno. La carta che il governo sembra intenzionato a giocare è l’estensione a tutti i lavoratori della possibilità di lasciare il lavoro anticipatamente ma con un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo e quindi più basso.

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Pensioni, uscita anticipata ma con l'assegno tagliato

Certamente i sindacati oggi di fronte a Draghi ribadiranno la bocciatura di Quota 102, cioè la possibilità di uscire nel 2022 con 64 anni di età e 38 di contributi, definita una misura «tampone, improvvisata e sbagliata», dal segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. I sindacati chiedono di lasciare ai lavoratori «la libertà» di andare in pensione a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi, senza altre condizioni. Le organizzazioni dei lavoratori vogliono poi di prevedere una pensione di garanzia per i giovani (chiesta oggi anche dal leader dei t5 stelle, Giuseppe Conte), di riconoscere alle donne lavoratrici sconti contributivi per i figli e di allargare le quattordicesime. Nella lista c'è poi di riconoscere che «i lavori non sono tutti uguali» e quindi di allargare la platea dei lavori usuranti e gravosi che possono accedere all'Ape sociale (la possibilità per certe categorie disagiate di uscire con 63 anni di età e 36 di contributi), rendendola strutturale.

Opzione donna

L'ipotesi su cui si sta orientando il governo è invece una generalizzazione della formula “Opzione donna” (appena prorogata per un altro anno), che è già stato ribattezzato “Opzione tutti” e potrebbe scattare da un’età minima di 62-63 anni.

Anche questa soluzione non è vista di buon occhio da Cgil, Cisl e Uil ma per l’esecutivo è l’unica possibilità di conciliare le esigenze dei pensionandi con quelle del bilancio pubblico. Le proposte dei sindacati sono considerate infatti troppo costose. Il meccanismo all'esame del governo invece pur avendo lo svantaggio di provocare subito un maggior numero di uscite aalla lunga porta invece a una riduzione della spesa previdenziale. Gli assegni, calcolati intermente con il contributivo, risultano infatti più bassi. 

Il taglio

Ma di quanto sarebbe il taglio? La percentuale è molto variabile perché dai versamenti contributivi di ogni lavoratore. In base alla carriera di ciascuno la penalizzazione può essere minima o singificativa. Nella relazione tecnica alla legge di Bilancio, dove viene appunto estesa di un altro anno Opzione donna, la stima è di una riduzione degli importi medi pari al 6 per cento per le lavoratrici dipendenti e del 13 per le autonome. Un impatto quindi relativamente contenuto a fronte di un anticipo dell'uscita fino a 4 anni. 

Cgil, Cisl e Uil insistono però per avere un meccanismo di uscita senza decurtazioni. Una soluzione di compromesso potrebbe essere quella proposta dal presidente dell'Inps, pasquale Tridico, che prevede il pagamento della sola quota contributiva dell’assegno al momento del pensionamento anticipato, che potrebbe avvenire a 63 o 64 anni. Al momento della maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia si avrebbe invece l'assegno pieno. Questa soluzione sarebbe sostenibile per i conti pubblici, ma per i primi anni l'assegno potrebbe invece essere molto basso, visto che sarebbe calcolato solo in base ai versamenti contributivi.

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