Pensioni e stipendi, le misure del Decreto Aiuti bis: ecco a chi spettano gli aumenti (e a quanto ammontano)

Presto le domande per il bonus 200 euro delle partite Iva: paga l’ente previdenziale

Aumento pensioni e stipendi 2022, le misure del Decreto Aiuti bis: ecco a chi spetta e quanto
di Luca Cifoni
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Mercoledì 10 Agosto 2022, 14:21 - Ultimo aggiornamento: 12 Agosto, 11:13

Un sollievo dall’inflazione arriva a lavoratori e pensionati con il decreto Aiuti bis. Ma se le partite Iva si preparano a fare domanda per il bonus 200 euro esentasse (non avendolo percepito in precedenza) dipendenti e pensionati ricevono ora un sostegno non uguale per tutti, che viene parzialmente eroso dal prelievo fiscale. Per queste due ultime categorie il beneficio complessivo netto arriva fino a circa 130 euro, nel caso di redditi che sfiorano il tetto massimo di 35 mila euro l’anno (2.692 euro mensili).
 

I NUMERI
Per i percettori di pensione, lo strumento scelto dal governo è la rivalutazione anticipata del 2 per cento, in attesa di quella più sostanziosa che arriverà dal prossimo gennaio.

L’anticipo si applica da ottobre a dicembre, comprendendo la tredicesima e dunque per quattro mensilità. A novembre invece gli assegni riceveranno il conguaglio dell’inflazione 2021 che era stata provvisoriamente valutata all’1,7% ed è risultata a consuntivo pari all’1,9: questo 0,2 per cento in più (con gli arretrati) sarebbe comunque scattato nel prossimo gennaio e dunque non è un vero e proprio beneficio. Guardando quindi solo alla rivalutazione anticipata del 2 per cento (che non ci sarebbe stata senza il decreto Aiuti bis) questa vale circa 11 euro al mese, 42 in tutto, per una pensione minima (524 euro mensili). Siccome a questi livelli di reddito non si paga Irpef il vantaggio lordo coincide con quello netto. Invece per un trattamento di 1.000 euro lordi si mettono insieme 80 euro che scendono però a 56 netti dopo l’applicazione dell’imposta. L’impatto dell’Irpef è via via crescente: con 2.692 euro si otterranno 210 euro che diventano 130 netti. 


 

Per le retribuzioni invece l’aiuto è sotto forma di taglio dei contributi previdenziali: un 1,2 per cento che si aggiunge allo 0,8 scattato a gennaio. Anche in questo caso i contributi non versati dal lavoratore, che vanno ad aumentare il lordo, sono soggetti a tassazione. Considerando esclusivamente l’effetto dell’ultima riduzione, in vigore da luglio a dicembre tredicesima inclusa, il beneficio si cumula per sette mensilità e aggiunge 84 euro in tutto a uno stipendio da 1.000 euro lordi mensili: dopo l’Irpef scendono a 65. Per chi prima degli esoneri contributivi guadagnava 2.692 euro al mese il beneficio totale è di 226 euro lordi, che netti saranno 127 (la curva Irpef dei dipendenti non è perfettamente coincidente con quella dei pensionati). L’impatto del fisco si nota anche spostando l’attenzione dai singoli al bilancio dello Stato: dalla relazione tecnica del decreto emerge che l’esonero contributivo costa 1,65 miliardi di minori entrate, di cui 488 milioni rientrano però come Irpef aggiuntiva. Sulle pensioni invece il costo della rivalutazione è di 1,38 miliardi, attenuato da 349 milioni di maggiori entrate.
 

Non ci sono invece trattenute per il bonus 200 euro che tre milioni di lavoratori autonomi potranno presto chiedere ai rispettivi enti previdenziali: l’Inps per coltivatori, artigiani, commercianti e professionisti esclusivi, le casse private per gli altri professionisti. Occorre essere iscritti ed aver effettuato almeno un versamento dal 2020. C’è sempre il tetto di reddito a 35 mila euro l’anno. Il decreto attuativo firmato dal ministro del Lavoro Orlando aspetta la controfirma del Mef.

 

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