Pane e pasta, rincari all’orizzonte: si rischia un aumento del 10%. In Europa calo record di raccolto

La paura ora è quella di un nuovo balzo, generato, più che da motivi reali di carenza di prodotto, da fenomeni speculativi

Pane e pasta, rincari all’orizzonte: si rischia un aumento del 10%. In Europa calo record di raccolto
di Giacomo Andreoli
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Martedì 18 Luglio 2023, 00:10

Un nuovo aumento dei prezzi di pane e pasta, anche del 10%. È l’effetto che si potrebbe vedere al supermercato in Italia nelle prossime settimane dopo il mancato rinnovo dell’accordo sul grano tra Russia e Ucraina. A lanciare l’allarme è Assoutenti. Secondo l’associazione dei consumatori, nonostante sia difficile valutare l’impatto dello stop ai corridoi di cereali e frumento, una nuova fiammata delle quotazioni internazionali del grano si riverserebbe in modo diretto sui prezzi di tutti i prodotti derivati. Sabato al Chicago Board of Trade si era visto un rialzo del 3,4% in un solo giorno, ma ieri le quotazioni erano stabili. La paura ora è quella di un nuovo balzo, generato, più che da motivi reali di carenza di prodotto, da fenomeni speculativi. La spesa aggiuntiva per una famiglia di 4 persone potrebbe essere di circa 132 euro annui. Il prezzo della pasta, oggi attorno ai 2 euro al chilo, salirebbe a una media di 2,2 euro. Il prezzo medio del pane, invece, oggi viaggia attorno ai 3,9 euro al chilo: un aumento del 10% porterebbe i listini a una media di 4,3 euro al chilo.

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L’AGRICOLTURA

La variazione dei prezzi internazionali al Chicago Board of Trade arriverebbe in un momento difficile per i campi agricoli italiani.

Gli ultimi raccolti, per colpa della siccità, hanno visto la resa del frumento calare del 10%. La produzione è così diminuita anche dove le superfici in cui si coltiva sono aumentate. E ora, per il prossimo raccolto, le organizzazioni agricole europee Copa e Cogeca si aspettano una «forte riduzione della produzione dei cereali, soprattutto in Spagna, Portogallo o Italia (fino al 60% in meno rispetto al 2022)». Si attende una resa da 256 milioni di tonnellate di cereali, forse il peggior raccolto dal 2007 a oggi.

L’Italia dipende solo in piccola parte dall’import di cereali ucraini. Tuttavia, con il 6,3% complessivo sul totale delle esportazioni da Kiev di prodotti agricoli, tra grano, mais e olio di girasole, secondo Coldiretti siamo al quarto posto tra i Paesi più interessati dall’accordo che era stato siglato sotto l’egida dell’Onu e grazie alla mediazione del presidente turco Erdogan. Davanti a noi Cina, Spagna e Turchia. Nel primo quadrimestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2022 (quando è scoppiata la guerra), abbiamo importato dall’Ucraina il 430% in più di grano (per circa 142 milioni di chili) e il 71% in più di mais (per circa 795 milioni di chili).

Nonostante questo un eventuale nuovo balzo dei prezzi nei supermercati, secondo Liugi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiere Italia, sarebbe «ingiustificato». «Il prezzo del pane e della pasta – spiega- già oggi non è proporzionato a quanto riconosciuto agli agricoltori italiani». La pasta costa il 12,1% in più rispetto a un anno fa, a fronte di quotazioni del frumento scese di oltre il 30%. C’è poi un altro pericolo. Il grano non inviato più in Nord Africa tramite il Mar Nero potrebbe raggiungere via terra il mercato italiano. Questo, al contrario della speculazione, farebbe abbassare i prezzi internazionali, ma creerebbe una competizione al ribasso con il prodotto del nostro Paese.

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