Coronavirus, emergenza mascherin: scendono in campo le aziende del tessile e degli arredi

Le mascherine del gruppo Miroglio
di Giusy Franzese
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Martedì 17 Marzo 2020, 20:52 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 00:47

In Cina lo hanno fatto, nel pieno dell’emergenza e a tempi di record, le grandi fabbriche anche metalmeccaniche, come  Byd, la principale casa automobilistica del paese di veicoli elettrici, che a Shenzhen ha messo oltre 600 lavoratori su cento linee di produzione a confezionare mascherine. Da noi per ora si stanno muovendo soprattutto le tessili: più semplice riconvertire i macchinari e la materia prima spesso è già in fabbrica. Perché lo sappiamo, trovare nuove mascherine è diventata un’emergenza nell’emergenza.

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Ed ecco che si moltiplicano le iniziative, anche sulla scia dell'ultimo decreto del governo che rende posibilie mettere sul mercato anche mascherine senza marchio Ce. Anche  i laboratori delle carceri hanno iniziato a cucirne e distribuirle. Tra le prime grandi aziende che hanno deciso di riconvertire parte della produzione nelle mascherine c’è il gruppo tessile Miroglio di Alba (Cuneo) che ha così risposto alle richieste della regione Piemonte. Nei giorni scorsi ha già consegnato i primi lotti, ma da quando la notizia è stata diffusa sui media il telefono non ha mai smesso di squillare con richieste da tutta Italia e così proprietà e management hanno aumentato gli sforzi. Tra l’altro viene utilizzato un tessuto lavabile, riutilizzabile  almeno dieci volte. «Da lunedì, compatibilmente con la materia prima, saremo in grado di produrre 75mila mascherine al giorno» annuncia l’ad Alberto Racca. Le prime seicentomila mascherine sono state regalate dal patron dell’azienda Giuseppe Miroglio. Per le altre è stato firmato un contratto con la Protezione civile a prezzo di costo.
 



Ha già riconvertito la produzione anche un’azienda umbra che produce arredi di lusso, la Italpoltrone. Le tre titolari  (Novella, Carla e Federica Ciardelli)  per ora le hanno regalate ai presidi sanitari della loro zona intorno a Spoleto. In Toscana, a Vaiano (Prato), nel distretto del tessile, la ditta Dreoni Giovanna srl, che si occupa di tappezzeria per auto e di abbigliamento in tessuto tecnico, è stata più veloce della luce: in soli due giorni ha riconvertito parte dello stabilimento e sta già sfornando duemila mascherine al giorno. Con l’aiuto degli enti locali  ha ottenuto a tempi di record anche la certificazione dal laboratorio Pontlab di Pontedera.
Non ha perso tempo neanche  la  Bc Boncar di Busto Arsizio (Varese) specializzata in packaging: dicono Paolo Bonsignore e Anna Laura Carella, i proprietari di questa azienda che in tempi normali fornisce confezioni di lusso ai grandi marchi della moda e della gioielleria.
dice Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi medici. Sono aziende del tessile, ma non solo. L’associazione in queste ore è in contatto costante con l’Istituti Superiore di Sanità, per stabilire un protocollo con i requisiti essenziali per questo tipo di produzione.   spiega ancora Boggetti, anche se adesso nell’emergenza il governo ha stabilito che non serve la marchiatura CE e basta un’autocertificazione.
Anche il Sud si muove. A Melito, nel napoletano, la Alviero Rodriguez che opera nel settore moda, hanno già iniziato a produrre mascherine in Tnt da donare. E  tante sono le adesioni all’iniziativa lanciata dal rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino, che coordina un gruppo di lavoro di ricercatori ed esperti proprio per affiancare chi vuole riconvertire la produzione nelle mascherine con standard di qualità: hanno risposto aziende che attualmente producono pannolini, abbigliamento, calzature.

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