Benzina, bloccato l'aumento delle accise: più tempo al rientro capitali

Benzina, bloccato l'aumento delle accise: più tempo al rientro capitali
di Andrea Bassi
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Venerdì 25 Settembre 2015, 06:34 - Ultimo aggiornamento: 26 Settembre, 10:51
All'ultimo minuto utile, o quasi, il governo ha deciso di bloccare per la seconda volta in pochi mesi l'aumento delle accise della benzina. Un ritocco verso l'alto che sarebbe scattato automaticamente il prossimo primo di ottobre ma che oggi verrà congelato dal consiglio dei ministri che approverà un decreto legge con delle «misure urgenti in materia di finanza pubblica».



L'aumento della benzina alla pompa era legato ad una delle solite «clausole di salvaguardia» delle quali sono imbottiti i provvedimenti economici dei vari governi che si sono succeduti nel tempo. In questo caso si tratta del paracadute legato ad una misura inserita dal governo Renzi nella legge di Stabilità dello scorso anno. In quel provvedimento era stata prevista una norma che si chiama «reverse charge», ossia inversione contabile, per cui a versare l'Iva, in alcuni casi, non è il compratore ma il venditore. Con questo meccanismo il governo pensava di poter recuperare 728 milioni di euro impedendo alcune frodi sull'Iva.



​Ma la Commissione europea ha bocciato la norma, aprendo un buco nei conti pubblici che, in automatico, avrebbe dovuto essere coperto da un aumento delle accise sulla benzina. Per evitare che questa clausola scatti, oggi il governo adotterà un decreto legge che prevede di coprire questo incremento utilizzando i proventi derivanti dal rientro dei capitali dall'estero. E qui sta la seconda novità.



LA NOVITÀ

Il Tesoro aveva dato tempo, per rimpatriare le somme illecitamente detenute all'estero, fino al prossimo 30 settembre. In realtà, nei giorni scorsi, con una circolare, l'Agenzia delle Entrate aveva concesso una piccola proroga a questo termine. In pratica, fermo restando il termine del 30 settembre per presentare la domanda di adesione alla procedura di «voluntary disclosure», era stata data la possibilità di presentare la complessa documentazione di ricostruzione dei movimenti bancari esteri, fino al 31 di ottobre. Questa proroga, tuttavia, è stata sin da subito ritenuta insufficiente dai professionisti impegnati nelle operazioni di regolarizzazione. Anche perché l'aumento delle domande di rientro è diventato nelle ultime settimane esponenziale. Dalle 1.800 di luglio si è arrivati alle quasi 19 mila di settembre. Una circostanza che fa ben sperare il governo. Il Tesoro non ha mai dire quanto gettito per le casse dello Stato si attende dalle operazioni di rimpatrio dei capitali, ma stime attendibili avevano fissato l'asticella a circa 3 miliardi di euro. Ora, però, è come se si fosse rotta una diga e ci fosse un fiume in piena.



L'elevato numero di domande lascia presagire che quei tre miliardi possano essere superati, potendo magari salire fino a cinque. Una manna per il governo impegnato con una legge di Stabilità da 27 miliardi di euro. Ma chiudere la saracinesca del rientro dei capitali inesorabilmente il 30 settembre, rischierebbe di compromettere questo obiettivo. Così nel decreto sarà indicata, probabilmente, una proroga per la voluntary disclosure. La scadenza per la presentazione delle domande, dovrebbe essere allungata al 30 novembre prossimo, mentre quella per la presentazione di tutta la documentazione, dovrebbe slittare alla fine dell'anno. Sul tavolo c'è l'ipotesi di un leggero inasprimento dei costi, lo 0,4%, per chi utilizza questo extra-time. Ma non tutti nel governo sarebbero favorevoli. Il nodo, comunque, dovrebbe essere sciolto oggi direttamente nel consiglio dei ministri.



LE PREVISIONI DI MOODY'S

Intanto ieri Moody's ha migliorato le stime di crescita dell'Italia e potrebbe rivedere al rialzo il rating. Il giudizio Baa2 potrà essere migliorato nel caso di un «effettivo rafforzamento» della crescita, grazie alle riforme. Le stime sul Pil passano a +0,7% per quest'anno, dal precedente +0,5%, e all'1,2% per il 2016 dall'1%. L'agenzia di rating prevede un deficit-Pil nel 2016 al 2,5%: una stima più alta rispetto al 2,2% previsto dal governo, a causa della crescita, all'1%, inferiore all'1,6% stimato nel Def.