Dal 2008, grazie alla rivoluzione dello shale, la produzione Usa è quasi raddoppiata, superando i 9 milioni di barili al giorno. Nell'ultima settimana, stando ai dati diffusi dal Dipartimento dell'energia statunitense, le scorte di greggio hanno fatto registrare un nuovo record con un aumento pari a 5,3 milioni di barili. Segno anche che questo che il petrolio a stelle e strisce continua a godere di buona salute e che i tentativi di metterlo all'angolo compiuti finora dai Paesi dell'Opec non hanno prodotto grandi risultati. Gli stratagemmi messi in opera dai produttori da scisto per rimanere competitivi – si va dall'abbattimento dei tempi necessari per avviare un pozzo di shale oil (ora bastano 20 giorni circa, la metà rispetto a un anno fa) al re-fracking (che permette di eseguire più estrazioni dallo stesso pozzo) – finora sembrano aver funzionato.
Per il Ceo di Exxon la discesa dei prezzi consentirà al mercato di determinare quale sia oggi il reale costo di un barile di greggio da scisti. Tillerson si aspetta che i prezzi bassi continuino per qualche anno ancora. Spencer Dale, chief economist di Bp, sostiene che gli ingenti stock accumulati nei serbatoi mondiali freneranno i rincari anche dopo la fine dell’anno. Per Ian Taylor, alla guida di Vitol, il più importante trader petrolifero del mondo, il peggio è passato: i prezzi potranno scendere ancora, ma non ai livelli più bassi raggiunti quest’anno. Intanto il Wti, punto di riferimento del mercato nordamericano, oscilla da qualche giorno sopra quota 54 dollari al barile, su valori che non si vedevano da dicembre.
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