La presidente di Differenza Donna: «La cultura maschilista resiste, è l'abitudine alla disparità di potere»

La presidente di Differenza Donna: «La cultura maschilista resiste, è l'abitudine alla disparità di potere»
di Franca Giansoldati
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Martedì 21 Novembre 2023, 16:25

Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, l'associazione che gestisce il numero anti-violenza 1522, che effetto le fa sentire la sorella di Giulia dire: "Quelli come Turetta non sono mostri, sono figli del patriarcato"?
«È uno slogan nato negli anni Settanta quando le donne hanno scoperto che i responsabili di violenze non sono malati psichiatrici. Si tratta dei cosiddetti uomini normali senza alcuna patologia esplicita. Come Turetta. Maschi abituati sin da piccoli a godere del privilegio di un surplus di potere all'interno di relazioni intime. Questa disparità di potere è al centro della Convenzione di Istanbul ratificata dal Parlamento nel 2013. La violenza contro le donne è qualcosa di sistemico, attraversa tutti i ceti sociali e tutte le società. In Italia questa cultura patriarcale fa una vittima di femminicidio ogni due giorni».

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Filippo, un ragazzo qualunque...
«Banalmente rientra in questa tipologia, non è psichiatrico o con dipendenze. Penso che quando rientrerà in Italia ci sconvolgeremo nel vedere che quel ragazzo non ha nulla di mostruoso in sé. La cultura patriarcale nella quale siamo immersi farà sì che si ascolteranno valutazioni e analisi che tenderanno a sminuire il suo gesto criminale. Noi donne però non siamo più disposte ad ascoltare giustificazioni a un femminicidio».

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Come se ne esce?
«La disparità di potere tra uomini e donne va ribilanciata, azzerando le discriminazioni. Basta vedere le statistiche europee. L'occupazione femminile è tra gli ultimi posti, così come la distribuzione del lavoro di cura, lo stesso dicasi per il congedo familiare agli uomini e i salari. Questi gap si vanno a sommare a una cultura che lascia gli uomini in una immaturità emotiva. Pensano di poter essere accuditi a vita, come se la partner fosse la mamma. Un retaggio culturale degli anni Cinquanta, la parodia del film della Cortellesi».

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La Convenzione di Istanbul viene applicata secondo lei?
«Il trattato prevede tre punti: prevenzione, protezione alle vittime e persecuzione degli autori delle violenze. Da noi si fa ancora pochissima prevenzione, spesso chiamando esperti non all'altezza. Si fa poi poca protezione: ci sono pochi centri e case rifugio e non soddisfiamo nemmeno quel 2% dei posti letto che l'Europa richiede. Infine la persecuzione degli autori è lacunosa. Oggi piangiamo Giulia e le altre 102 donne, ma è ora di dire basta».

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