“Donne che fanno testo”: ecco il terzo racconto classificato al concorso di scrittura creativa: “Beauty Spa” di Francesca De Marco Caridi

Francesca De Marco Caridi
6 Minuti di Lettura
Venerdì 27 Dicembre 2013, 20:04 - Ultimo aggiornamento: 20:10
Pubblichiamo il terzo racconto classificato al concorso del Messaggero "Donne che fanno testo": "Beauty Spa" di Francesca De Marco Caridi.



"Beauty Spa"

di Francesca De Marco Caridi



Faccio la massaggiatrice in una Beauty Spa di lusso al centro di Milano.

Mi chiamo Chandra, che nella mia lingua vuol dire "luna", ma tutti qui mi chiamano Sandra, e per me va bene.

Fui chiamata così per volontà della mia madrina, devota di Sakini dea della luna e protettrice delle donne, che ha il controllo di tutto il corpo. Probabilmente, la mia madrina già conosceva il mio destino.



In India tutti sanno fare un massaggio. E' un'arte, in India, come la cucina o la danza. Tutti ne conoscono le regole, tutti lo praticano. Le mamme massaggiano i bambini sin dalla nascita e fino alla pubertà. Ricordo, di mia madre, le mani lunghe, soffici, che disegnavano cerchi morbidi sul mio ventre. Ogni sera massaggiava me e i miei fratelli. Olio di cocco per rinfrescarci, olio di sesamo per riscaldarci. Eravamo poveri, le sue mani erano l'unica ricchezza della nostra famiglia. Ora le mie lo sono per loro.

Mando tanti soldi a casa, perché qui guadagno bene.

-----

La Spa è davvero elegante, con le luci soffuse, molte candele, un hammam e tante sale per massaggi e per relax, dove serviamo ai nostri clienti tisane speziate.

I nostri clienti sono sia donne che uomini. Ho cercato con pazienza di spiegare che nel massaggio ayurvedico le donne massaggiano solo le donne, ma la titolare ha detto che in Italia non importa.

Mi sono presa due giorni per decidere se accettare. Ho pregato tanto la dea Sakini, digiunando e accendendo ceri nella chiesa a San Babila - perché per gli indù si può pregare in qualsiasi luogo sacro, anche se il culto che accoglie non è il tuo.

Come donna, non conosco gli uomini. Sono certa di non saper riconoscere dove e come la sofferenza prenda posto nel loro corpo. La titolare pensava invece che non volessi toccare gli uomini per un altro motivo, e insisteva che dovevo comportarmi come una dottoressa, come una terapista, diceva lei, e non come una donna indiana. Ma come posso essere una buona massaggiatrice dimenticandomi di essere una donna indiana?

Alla fine però ho accettato, e adesso sono qui.

-----

Prima di iniziare il massaggio, io giungo sempre le mani e prego. Alla titolare questa cosa piace molto, e prima dell’assunzione alla Spa mi raccomandò di fare in modo che i clienti se ne accorgessero. Le promisi che lo avrei fatto, e cercai di spegnere in me il fuoco che mi accende quando le persone mi trattano come un oggetto di folklore indiano.

Ho pensato a mia nonna: una volta le ho telefonato a mezzanotte per lamentarmi di una sciocca turista in Piazza Duomo che voleva fotografarmi, ridacchiando del mio sari così esotico. Mia nonna, dall'altro capo del mondo, si era semplicemente informata: «E hai sorriso, saali chotaa, nella foto?». Chiamo sempre la mia nonna, quando sono in difficoltà.

-----

Dunque prima di iniziare il massaggio giungo le mani verso la candela profumata, e prego. Affido le mia mani a Sita, la mia amata, la dea protettrice delle messi, figlia della Terra e rinnegata da Rama, lo sposo che amava. E' la dea dell'ascolto e del dolore, e io le chiedo di insegnarmi ad ascoltare le sofferenze che le mie mani incontreranno, per lenirle. Chiedo di riuscire a sentirle, dimenticando che io sono io e l’altro è l’altro.

Ma voglio raccontarvi di un massaggio particolare, quello che cambiò la mia vita.

-----

Avrei dovuto capirlo, che qualcosa stava per succedere.



Mentre preparavo gli olii profumati, la candela fece una fiammata mentre pregavo, e io avrei dovuto sentire la possente voce di Agni, il dio del fuoco, che mi metteva in guardia. Tenni nel cuore quel vago presentimento, e lasciai che si aprisse la porta.

Ne entrò un giovane uomo, che feci sdraiare sul lettino.



Pregai in fretta, infastidita dall'idea che lui mi vedesse, e iniziai come di consueto cospargendogli il corpo di olio intiepidito al calore della fiamma.

Non parlo mai, durante il massaggio: lascio che siano i clienti a parlarmi e se mi porgono delle domande rispondo in modo cortese ma sintetico, per non disturbare la loro quiete.

Questa volta però avrei voluto sapere come mai era lì, un ragazzo così giovane. Calcolai che dovesse avere al massimo cinque anni più di me.

Invece fu lui a spiegarmelo: mi disse che si era appena laureato, e gli era stato regalato un intero pomeriggio alla Spa. Mi disse anche sinceramente che trovava tutto molto ridicolo, ma che non avrebbe potuto proprio rifiutarlo.

«E quindi ora sono qui nelle tue mani, Chandra». Disse proprio così.



Provai un brivido. Doveva aver chiesto il mio nome prima di entrare. E non lo aveva italianizzato.

«Allora si rilassi, faccia tre respiri profondi».

Lo aiutai appoggiandogli la mano sul diaframma; sentii i muscoli del suo addome sotto al mio palmo. Ricordai mia madre che ci massaggiava il ventre... lentamente, come lei, scivolai con la mano intorno al suo ombelico. Il suo corpo era bellissimo, muscoloso e con molti peli. Era leggermente abbronzato, e lo immaginai sulla riva d'un lago.

Le mie mani lentamente cercavano e trovavano il suo corpo e la mia mente si svuotava. Cerco sempre di fare in modo che i miei gesti precedano i pensieri, quando pratico un massaggio. Quel pomeriggio, lo volevo più che mai.

E tuttavia lui non pareva intenzionato a lasciarmi concentrare.

«Di dove sei, esattamente?»

«India» gli risposi

«Di quale parte? L'India è grande»

Glielo dissi.

Mi raccontò di essersi laureato in matematica, e di essree ammirato dalla matematica vedica. Mi confessò che sognava da sempre di andare in India, e che ci sarebbe andato volentieri dopo la laurea, se non fosse che aveva subito trovato un lavoro che avrebbe iniziato di lì a poco.

Volle sapere di che religione fossi, da quanto tempo vivessi in Italia, dove avessi imparato il massaggio.

Mi ritrovai, mio malgrado, a raccontargli di me. Le mie soste nelle chiese cattoliche, mia cugina Chitra che mi aveva fatto venire in Italia e che viveva a Monza, e mia madre, laggiù in India, che da piccoli ci massaggiava il corpo con l'olio profumato di gelsomino e le sue mani erano gialle di curcuma.

Lui ascoltava, e mi faceva tante domande. Mi chiese se conoscevo qualche Zoroastriano... aveva letto un certo Salgari, da ragazzo, ed era rimasto affascinato dalla Torre del Silenzio, dove loro mettono i morti perché vengano mangiati dagli avvoltoi, per non inquinare il fuoco che è sacro.

Mi chiese dei miei amici, e chi vedevo in Italia, e ogni quanto tempo tornassi al mio Paese.

«Quante domande!»

«Scusami, forse ti ho dato fastidio»

«No, mi ha fatto piacere. I clienti non mi chiedono mai nulla di me»

«Lo credo, Chandra: con un massaggio così bello è da stupidi parlare tanto, no?»

«Succede perché è la prima volta. Vedrà che al prossimo massaggio si rilasserà subito e non vorrà più parlare» gli dissi sorridendo.

«Si, può darsi che tu abbia ragione», rise lui.

Poi dopo una pausa aggiunse: «Temo che non ci sarà una seconda volta, Chandra»

«Non le è piaciuto il mio massaggio?» domandai, spaventata.

Forse mi ero comportata da stupida: avrei dovuto chiacchierare di meno e concentrarmi di più.

«Non resterò in Italia: sto andando in America per il nuovo lavoro. Anzi, dimmi in bocca al lupo, dolce Chandra!»

Non gli feci l'augurio che mi aveva chiesto, anche se sapevo cosa volesse dire.

Invece misi entrambe le mani sulle sue tempie, e poi salii lentamente verso sahasrara, il chakra della corona, il luogo al centro della testa dove ha luogo la fusione tre le due forze di Shiva e Shakti, dalla cui unione inizia il cammino dell'autorealizzazione.

Mi chinai sui suoi capelli, e ne annusai il profumo caldo del sesamo. Così facendo i mio seno sfiorò il suo viso.

Pregai per lui Rama, il Possente, colui solo che riuscì a tendere l'arco di Shiva e a conquistare Sita in sposa. Invocai la sua forza perché accompagnasse il mio giovane verso il suo destino.

-----

Quando fu andato via, nei dieci minuti che precedevano il massaggio successivo, andai a lavarmi le mani come faccio sempre e questa volta anche il viso. Ero rossa in volto, e turbata.

Tornai nella mia cabina, aprii la piccola finestra, la fiamma tremò ricevendone la brezza.

Giunsi le mani e pregai Lakshmi, la sposa di Visnu, che si reincarna con lui in tutte le sue vite.

E' la dea della devozione, della bellezza e dell'intelletto. Ma è anche la dea delle donne perdute. Invocai il suo nome abbassando la fronte.

-----

«Cos'hai Dayita beti, perché piangi?». La voce di mia nonna, dall'altro capo del telefono era lontana, e sofferente.

«Niente, baraa ajii, è solo che mi manchi», mentii.
© RIPRODUZIONE RISERVATA