STORIE AQUILANE/ Quando “Aquila” fu denominata “L’Aquila”

Il frontespoizio del Decreto 1891 del 1939
di Enrico Cavalli
3 Minuti di Lettura
Sabato 4 Febbraio 2023, 23:28 - Ultimo aggiornamento: 23:40

L'AQUILA Nell’ultima fase del Ventennio aquilano, emerse la questione della toponomastica del Comune, ingranditosi nel 1927.

Già nel 1936, una nota prefettizia, di rispetto alle disposizioni ministeriali, sull’indicazione “univoca” dei nomi dei Comuni italiani, invitava anche l’amministrazione podestarile aquilana a decidere in merito; del resto, nel dicembre ’26, il Ministero dell’interno, chiese lumi ai Comuni italiani sulla loro veritiera araldica e si registrò un abbozzo di dibattito locale sullo stemma civico, dal ’400 “d’oro” recante l’"aquila nera".

Sul tavolo municipale,  il parere governativo che facendo aggio dei repertori d’argomento, asseriva che posta “Aquila degli Abruzzi ex Gazzetta Ufficiale del 6 giugno 1863”, apriva alla denominazione di “Città dell’Aquila e non di Aquila”.

Supportato dalla Consulta municipale, il podestà Giallorenzo Centi Colella, chiamò a raccolta l’intellettualità cittadina, che a mezzo di confronti di regesti degli antichi archivi ecclesiastici e civili e di quanto risultava in opere di celeberrimi scrittori nazionali da Francesco Guicciardini a Niccolò Machiavelli, e, municipali, da Salvatore Massonio ad Anton Ludovico Antinori, sentenziava che la “lettera apostrofata” dinanzi al nome della città, affiorasse a “targhe alterne”; per inciso, Ugo Speranza e barone Giovambattista Bozzelli-Manieri, ritennero corretto il “dicitur” “dell’Aquila” o, meglio ancora, “di Aquila”.

La podestatura, tuttavia, a connotare di un’aulicità il Grande Comune ex Rd del 29 luglio 1927, richiedette al governo, il 20 aprile 1937, “che la nostra città sia denominata L’Aquila” e l’appellativo per la provincia “dell’Aquila”.

Pretese l’autonomia di giudizio il Rettorato della Provincia di Ubaldo Bafile, nonostante il Rd n.1042 del 2 ottobre 1930, sulla denominazione di La Spezia, considerasse l’articolo parte integrante della indicazione di una città, senza contare  i casi esteri di L’Aja, Il Cairo, La Mecca…

Era di continuare a pronunziare e scrivere “città dell’Aquila”, come dal gonfalone municipale col monogramma laico ”PHS”, in attesa dell’”iter” di riconoscimento araldico per la nuova entità comunale dal 1927.

Ecco che per il Rd n.1891 del 23 novembre 1939, viste le deliberazioni podestarili del 4 aprile 1939, e, quelle del Rettorato provinciale il 10 maggio e 31 agosto dello stesso anno, si stabilisce la denominazione per il Comune di “L’Aquila” in atti ufficiali e per la provincia ”dell’Aquila”: tale onomastica cittadina, era l’ultimo tassello simbolico della presunta conurbazione medievale “federiciana” d’appoggio artificioso all’annessione delle otto municipalità contermini.

A sorpresa, il nuovo podestà, l’ingegnere Vincenzo Di Nanna, il 17 luglio 1942, auspicava al prefetto e ad Adelchi Serena (al fronte croato-sloveno), il rispolvero della onomastica del 1863, forse,  per la chiosa anche irriverente sulla questione, apparsa su “Il Popolo di Roma” del 17 maggio 1942: ”(…) dell’Aquila o L’Aquila (…) corsero fiumi di inchiostro, ma, per quanto d’inchiostro non lasciarono traccia”..

Nell’era Repubblicana, ritorna l’espressione “dell’Aquila”, di contro a quella mera di ”Aquila”, per le  critiche “ideologiche” sul decreto del 1939, che avrebbe dato il crisma dell’”amovibilità all’articolo determinativo femminile, apostrofato e maiuscolo” (sic!),  allo scopo di validare l’antica usanza di chiamare “l’Aquila”, non già di correggere una norma della lingua italiana.

Sta di fatto che il legislatore volle che il capoluogo abruzzese si appellasse L’Aquila, solo, precisando la dicitura ”dell’Aquila”, per la provincia, a meno di non ammettere che tutto sia da intendere in termini di inconfessabili perplessità sulla scarsa “eufonia”, nel dire ”sono di L’Aquila” ed improbabilità di definire gli abitanti “laquilani/e”, piuttosto, che per ossequiare o accettare delle scritturazioni rispondenti a norme grammaticali, di una lingua italica in evoluzione.

Enrico Cavalli

© RIPRODUZIONE RISERVATA