STORIE AQUILANE/ L’antico notaio Gianfrancesco Accursio.

antica mappa dell'Aquila
di Enrico Cavalli
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Martedì 31 Gennaio 2023, 00:35

L'AQUILA E’ nel secolo XIV,  che le attività amministrative secondo gli usi del diritto romano, vengono precisamente annotate in appositi registri  municipali, mentre, le deliberazioni consiliari erano trascritte in atti notarili.

Precisamente, è all’ultimo trentennio de l’300, l’attestazione dei primi verbali, posti negli statuti come “reformationes”.

Quanto ai registri consiliari, è nel Quattrocento inoltrato,  la serie dei “libri reformationum”  che rese durevole la conservazione dei verbali, in parallelo alla proto-classificazione  dei “libri et registra” amministrativi eredi dei “quaterni” trecenteschi, con le altre scritture in apposite casse.

Sono queste dinamiche che condussero alla trasformazione del “notarius reformationum”  in cancelliere, ovvero, la costruzione di una cancelleria, a sua volta, per un intreccio di fattori politico-culturali interni ed esterni.

Se la verbalizzazione di registrazioni consiliari appare nel 1371, fra Tre-Quattrocento, la redazione di scritture pubbliche era già di matrice cancelleresca, sebbene, gli atti notarili fossero prevalenti: tardivi, i registri, non le tipologie scrittorie che accoglievano.

All'Aquila, l’estensione delle registrazioni e conservazione delle scritture sotto Ferrante I Di Aragona (1458-94) ebbe un’accelerazione, sia per il passaggio ai registri sia per l’attribuzione delle “segnature”, senza contare la divisione dei “registra” in base al contenuto, onde evitare le eterogenee registrazioni del “Quaternus Communis”.

Verso l’assetto archivistico di tipo moderno del’500, accanto alle esigenze municipali di razionalizzazione e controllo di scritture private/pubbliche ed agli indirizzi politici del regno Aragonese, agiva la cultura della registrazione ed “archiviazione” di Gianfrancesco Accursio, figlio di Vanni originario della umbra Norcia, dove si redigevano i “libri reformationum” almeno dal 1383.

La consistente attività svolta e autoproposizione come cancelliere, almeno, dal 1467, suggeriscono che l’Accursio interpretasse questo ruolo da vero professionista, rientrando fra i suoi compiti, lo sviluppo della cancelleria e forme più avanzate di gestione delle scritture: ciò emerge  dalla lettera del 1496, scritta alla Camera aquilana, dall’Accursio, quando era a Teramo, qui, spostato, per ordine regio e “non de bona voglia” volendo  “repusare all’ Aquila dove me sonno da piccolo allevato”.

L’incarico era stato ottenuto per i suoi legami con la “signoria” aquilana del Conte di Montorio Pietro Lalle Camponeschi, per cui il profilo politico della funzione esercitata dal notaio-cancelliere era accentuata dalle modalità di accesso alla carica: c’era l’attivazione di risorse politiche ed economiche da parte del patrocinatore e che  piazzava nelle istituzioni  un proprio cliente che senza incidenza nei processi decisionali, era politicamente rilevante, se nel 1476, il cancelliere era “conditio sine qua non” per la validità di un consiglio civico, significandosi, altresì che la capacità deliberativa della municipalità, dipedeva dalla redazione delle relative scritture.

Nel 1476-78, tornato alla patria norcina per fare il “console”, Accursio, fu sostituito da Angelo Fonticulano, eletto fra otto candidati secondo il sistema introdotto dalla riforma istituzionale del 1476;  troviamo, ancora, Gianfrancesco nel 1482, per fare il gabelliere e cancelliere in alternanza allo stesso Fonticulano, quindi, come unico/prevalente nel 1502, senonchè, risulta assente per la succitata parentesi teramana e successiva licenza dal 1502-04.

Nell’epoca “accursiana” si palesa un indebolimento della città, causa i moti scissionistici degli ex ”99” castelli confocolieri, allora, il protonotario municipale Giovanfrancesco (che nel 1489, ebbe il figlio Mariangelo, futuro umanista e consigliere di Casa d’Asburgo, mentre, l’altro figlio Girolamo seguirà le orme paterne), supponeva l’imperatore Federico II di Svevia, come fondatore dell’Aquila, nell’intento di mantenere una sorta di promiscuità istituzionale fra “cives et comitanenses”.

 A Gianfranco Accursio, va il merito aquilano, della sistemazione proto-archivistica delle scritture nel 1502, dato che la conoscenza del “posseduto”, è preliminare ad un ordinamento moderno.

Enrico  Cavalli

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