STORIE AQUILANE/ Il “senatore” del Regno d’Italia, Raffaele Cappelli

Raffaele Cappelli
di Enrico Cavalli
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Lunedì 6 Febbraio 2023, 10:51

L'AQULA Necessaria, la contestualizzazione di San Demetrio Ne ’Vestini e familistica, per inquadrare la figura del “senatore” del Regno d’Italia, Raffaele Cappelli.

L’antica plaga dei Vestini Cismontani, definita “Pagus Chrementes-Demetra” con Sinizzo fu uno dei castelli fondativi dell’Aquila e stanziantesi dentro il ”locale”di Santa Giusta.

Il Sandemetrano nella vertenza atavica fra ”urbe e campagna” intrecciata all’assedio di Braccio da Montone del 1424, a fronte dell’ascesa di famiglie (Marimpietri, Cappa, Cappelli, Visca), volle staccarsi dall’Aquila.

La feracità dell’area comportò la concessione di fiere legate alla dinamica religiosa da parte dei regnicoli ispanici, napoletani, francesi, fino all’Unità e che vide in prima linea San Demetrio per effetto dello stiffese Angelo Pellegrini uno degli oppositori ai Borboni nel 1841 e triumviro plebiscitario aquilano nel 1860.

I Cappelli, spiccano a metà ’700, per merito di Orazio Antonio, poeta, politico amico di Bernardo Tanucci insignito del marchesato nel 1810, i cui figli saranno Emidio e Luigi, il padre di Raffaele ed Antonio.

Quello che fino ad inizio ’900, è il nobilato per antonomasia nell’Aquilano, cercherà di scongiurare la totale affrancazione del Tavoliere dai pascoli per gli armenti e basilari nei secoli per l’economia montana abruzzese, e, instancabilmente, agirà Emidio che componendo la novella “Bella di Camarda” nel 1857, esporterà in Europa il significato dell’epopea pastorale di queste plaghe.

Nel 1861, l’Aquilano perde la funzione di cerniera fra Nord e Sud della penisola e puntava, quasi, in difensiva, alla funzione di indirizzo nei confronti della regione di riferimento, sennonché l’approssimarsi della ferrovia litoranea, determina divaricazione fra gli interessi appenninici e quelli della costa adriatica con tutto ciò che ne deriverà in termini di radicali mutamenti amministrativi nel’900.

Le aperture sociali del casato Cappelli, erano nella stima verso l’artista sangrino Teofilo Patini, l’ospite meditabondo di trasformazioni cruciali presso la munificenza “cappelliana” a San Demetrio, dal 5 luglio 1862, aggiungente la dicitura ”Ne ’Vestini”.

Ecco la figura di Raffaele Cappelli, nato il 23 marzo 1848 (!) da Luigi e Ludovica Franchi (del patriziato che con Carlo rassunse la ”Buonatenenza” del “Comitatus Aquilanus” post sisma 2 febbraio 1703), che dopo la laurea in Legge alla capitale napoletana (ex consuetudine del notabilato aquilano) nel 1872, entrò nel corpo diplomatico con le ambasciate a Londra, Vienna, Berlino tra il 1875-77¸nel 1880 il salto alla Camera dei Deputati che manterrà per dieci legislature diventando vice presidente a Montecitorio il 6 aprile 1897, grazie al collegio elettorale fino al sistema proporzionale del 1920 apparentato a Paganica, quindi, di schiatta vestina ed assai individualista rispetto al comunitarismo amiternino (suo avversario, l’avvocato radicalmassonico da Barisciano, Alarico Bernardi nell’ante 1915), di qui, lo slancio di straordinaria carriera politica che avrà parentesi ministeriali massime e conclusasi al laticlavio senatoriale del 1919.

Non mancano in Raffaele, le attenzioni al territorio di riferimento.

La nascita di un notevolissimo Consorzio di allevatori di bestiame del Paganichese e Camardese, si subordinava al patrocinio di Raffaele e fautore in sequenza della Società degli agricoltori italiani, presidente della Società geografica nazionale, l’ideatore di una riforma anti emigratoria fondata sullo spezzettamento e miglioramenti tecnici del latifondo: su questa falsariga la promozione di una varietà di frumento assieme al genetista maceratese e della scuola di Gregor Mendel, Nazareno Strampelli, fra il 1907-15.

L’annata fatidica è il 1915, per intrecci storici salientissimi nel personaggio Raffaele, da un lato, per le sue perorazioni all’affidamento della ricostruzione dell’Aquilano post sisma marsicano del 13 gennaio a ditte specializzate, espresse in veste di Presidente della commissione parlamentare; dall’altro, perchè “ad horas” deciso neutralista in senso critico di Antonio Salandra ed in difesa di Giovanni Giolitti il 24 maggio, non potendo sconfessare il suo segretariato del Ministro degli esteri, Carlo Felice De Robilant firmatario della Triplice Alleanza nel 1882, che valse al sandemetrano la sommatoria delle cariche di vicepresidente della Camera dei deputati ed al quinto esecutivo di Antonio Di Rudinì dal 1-29 giugno 1898, la titolarità degli Affari esteri.

Esistono sfaccettature innovative nella vicenda dell’illustre esponente dell’ultimo potentato dell’Aquilano, si pensi all’impiantazione di piccola centrale elettrica alle grotte di Stiffe riconosciutagli in Parlamento da Luigi Einaudi e che facevano capire come, parzialmente, fossero, talora, strumentalizzabili ideologicamente, le sempiterne rivendicazioni di uso civico delle genti dell’Arischiese e Pizzolano, sui feudi dei Cappelli e che avranno contorni di forte protesta sociale e legalmente portate avanti da avvocati socialisti, il milanese e noto alpinista sul Gran Sasso Enrico Ferri  e l’aquilano Emidio Lopardi.

I Cappelli, alla scomparsa di Raffaele nel 1921, decanteranno le reali sfere di interessi nell’Aquilano, avendo avviato una riconversione finanziaria dei loro latifondi negli ambienti bancari romani; per gli accordi presi dai propri legali, gli ultimi discendenti del nobile casato, ottenevano dal Comune di Arischia seicentocinquantamila lire, rinunciando a qualsiasi credito e azione verso il Chiarino. 
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