Antonio D'Intino, presidente Ance Abruzzo: «Il Superbonus 110% diventi strutturale»

Antonio D'Intino, presidente di Ance Abruzzo
di Paolo Vercesi
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Lunedì 26 Ottobre 2020, 11:37

Prorogare almeno di tre anni il Superbonus edilizio al 110% (per interventi edilizi e di efficientamento energetico) per dare una spinta davvero efficace e duratura a un settore da anni in profonda crisi, accentuata ora dal covid-19. Diversamente, la misura non produrrebbe gli effetti sperati. E’ la richiesta forte che Gabriele Buia, presidente nazionale dell’Ance, ha rilanciato all’assemblea annuale dei costruttori edili, alla presenza della ministra Paola De Micheli (Infrastrutture e trasporti), del ministro Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) e di Fabiana Dadone, ministra per la Pa. Proposta che in Abruzzo il presidente regionale Ance, Antonio D’Intino, non solo dice di condividere, ma della quale - spiega - sarebbe stato addirittura l’ispiratore.
«La legge del superbonus al 110% andrebbe a mio avviso strutturata per sempre o, come minimo, estesa per tre o quattro anni - commenta D’Intino - e sono lieto che il presidente nazionale Buia se ne sia convinto. Già lo scorso luglio, in un convegno a Sulmona - pure quello davanti ai ministri De Micheli e Patuanelli, nonché alla senatrice cinquestelle Gabriella Di Girolamo - avevo indicato questa via, facendo da battistrada».

«Realizzare questo step - seguita D’Intino - a mio avviso è possibile perché ogni euro investito in edilizia moltiplica il rendimento per 4, con un’incidenza notevole sulla manodopera visto che parliamo di un settore che può produrre lavoro con un incremento almeno del 35% di operai qualificati. E allora sì che, a fronte di questa strategia, entrerebbero allo Stato più tasse e più Iva».  Come procedere allora? «La legge va resa strutturale, fissando paletti chiari con semaforo verde o rosso su cosa si può fare e cosa no. Limitare l’efficacia del superbonus a un solo anno o poco più significa scontentare i fruitori e anche le imprese che, non disponendo della manodopera qualificata necessaria e che in questi 12 anni si è persa, non sono in grado di soddisfare l’enorme domanda che ne è scaturita. Risultato - chiosa Antonio D’Intino - è che tra un anno, se va bene, sarà stato eseguito un 10% dei progetti presentati in un mercato drogato».

A Pescara in questi giorni fanno discutere le demolizioni di ruderi dell’antico Borgomarino, cancellato dalle ruspe.

Lei che da presidente di Ance Abruzzo ha sempre sostenuto interventi di rigenerazione urbana, come giudica questi interventi? «Parto da un presupposto - risponde D’Intino -: se c’è un interesse pubblico su un qualsiasi edificio, benvenga. Ma allora mi aspetto che il pubblico tiri fuori risorse e progetto per un intervento di recupero, che nel caso specifico di Borgomarino avrebbe riqualificato l’antico insediamento di pescatori, eliminando un panorama fatto di tetti sfondati, di degrado e di topi ovunque. In mancanza di tali presupposti, e soprattutto se lo Stato mette a disposizione premialità volumetriche e con il decreto Semplificazione concede deroghe su distanze e altezze, perché da privato non dovrei approfittarne? - domanda il presidente dell’Ance -. Il nodo, da sempre, è nella parte della norma che fa salvi i diritti di terzi, per cui basta un esposto a bloccare tutto per anni. Norma che a mio avviso andrebbe riscritta tutelando il patrimonio edilizio storico da una parte e l’imprenditoria dall’altra. Ma è proprio in questi cavilli - conclude Antonio D’Intino - il male del nostro Paese».

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