La Regione non sceglie: nella nuova Rete niente super ospedali

La Regione non sceglie: nella nuova Rete niente super ospedali
di Stefano Dascoli
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Martedì 4 Maggio 2021, 10:01

L'AQUILA - La nuova rete ospedaliera abruzzese è racchiusa in documento di 65 pagine, allegati inclusi, che sconta un ritardo evidente, arrivando nell'ultimo dei tre anni previsti (2019-2021). C'entra il Covid, che ha indubbiamente condizionato l'ultimo miglio e costretto a una integrazione con la nuova rete, ma c'entrano anche alcune tensioni di ordine politico che inevitabilmente hanno condizionato il cantiere.

Al netto dell'analisi approfondita sulla cosiddetta tabella C, quella che stabilisce la dislocazione di ogni singola Unità operativa nei vari ospedali (sono possibili fibrillazioni), il piano varato dall'assessorato alla Sanità e dall'Agenzia sanitaria regionale (entrambi a trazione leghista con l'assessore Nicoletta Verì e il direttore Pierluigi Cosenza), non si discosta moltissimo dall'attuale assetto della sanità regionale varato dalla passata giunta (assessore Silvio Paolucci) con il decreto commissariale 79 del 2016. Salta agli occhi quasi immediatamente che, come era stato già paventato, tramonta l'idea dei cosiddetti Dea di secondo livello in collegamento funzionale, ovvero i super ospedali con tutte le specialità alte.

Nella scorsa legislatura si era arrivati a concepire un doppio polo in collegamento funzionale, L'Aquila-Teramo e Chieti-Pescara; nella nuova rete la Regione dice invece che «attualmente le discipline di alta specialità (così come declinate nel Dm 70/2015) non sono allocate nella loro totalità nella struttura fisica di un unico presidio. Pertanto, al fine di garantire le necessità assistenziali previste dai Livelli essenziali di assistenza, la qualifica di presidio ospedaliero di secondo livello è assolta dai presidi ospedalieri con funzioni di Hub per le specifiche reti tempo-dipendenti».

Nella sostanza, il San Salvatore dell'Aquila e lo Spirito Santo di Pescara avranno funzioni di secondo livello per le reti Stroke, Politrauma e Trauma maggiore; il Santissima Annunziata di Chieti e il Mazzini di Teramo per le Emergenze cardiologiche. La classificazione ufficiale prevede sette Dea di primo livello: i quattro capoluoghi più Avezzano, Lanciano e Vasto. Gli ospedali con sede di Pronto soccorso saranno Sulmona, Popoli, Penne, Ortona (nella precedente programmazione era previsto un presidio ad alta specializzazione), Giulianova, Atri, Sant'Omero, Castel di Sangro e Atessa. Per quanto concerne i punti nascita, se ne confermano 9. Tre di secondo livello (L'Aquila, Chieti e Pescara), dove sono presenti Unità di terapia intensiva neonatale; sei di primo livello (Avezzano, Sulmona, Lanciano, Vasto, Teramo e Sant'Omero). Per Sulmona viene confermato il no alla chiusura per due ragioni: performance in linea con le medie nazionali e sovraccarico per le altre strutture in caso di soppressione.

«La bozza - commenta la consigliera regionale di opposizione Marianna Scoccia - è l'ennesima dimostrazione dell'insufficiente e deludente lavoro della giunta di centrodestra. Ho assistito per anni ad una continua sfilata di politici che riempivano la pancia dei cittadini con la promessa che ci sarebbe stata una vera e propria rivoluzione nel sistema della sanità regionale. Oggi i nodi stanno venendo al pettine, le promesse si stanno dimostrando menzogne. L'Abruzzo, soprattutto in questo momento, non può assolutamente permettersi di non avere nosocomi di secondo livello. Non solo, il piano non prevede quella classificazione sbandierata e promessa per ospedali, come Sulmona, che avrebbero dovuto essere promossi al primo livello. Nemmeno sul piano materiale sono state portate avanti azioni per potenziare i nosocomi più piccoli. Sempre a Sulmona, ad esempio, è stato diminuito il numero dei reparti e rimangono pressoché ferme, esclusi alcuni interventi, le risorse per l'edilizia sanitaria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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