LE VERIFICHE
Dalle 9 del mattino di due giorni fa, fino alle 9 circa di ieri, i militari delle Fiamme gialle con di un ingegnere, un ausiliario di polizia giudiziaria, hanno rivoltato come un calzino lo stabilimento, dopo aver notato dall'alto, fuori dall'opificio, diversi contenitori coperti da teloni, comunemente utilizzati per i rifiuti. Al termine i militari hanno contestato ai vertici aziendali la presunta attività illecita di gestione dei rifiuti pericolosi e non, consistita in scarti di materiale elettronico ai fini del riciclo, il tutto senza autorizzazione o in maniera difforme dalle autorizzazioni, comprese le stesse localizzazioni degli impianti che fanno parte della catena di riciclo.
Secondo l'accusa il 7 ottobre l'Accord Phoenix avrebbe inoltrato alla Regione Abruzzo (Servizio gestione rifiuti) una comunicazione di inizio attività parziale relativamente alla sola attività del comparto dissemblaggio monitor che «non consente l'avvio delle attività di gestione rifiuti poiché il direttore del lavori ha dichiarato la sola ultimazione delle opere edilizie dei locali del blocco uffici e sala monitor escludendo le aree dove di fatto sono stati rinvenuti stoccati i rifiuti.
Lo stesso tecnico ha dichiarato che la pavimentazione interna del capannone non è impermeabilizzata». Tra le contestazioni anche la mancata completezza dei formulari di registrazione, dell'identificazione dei rifiuti e gli stessi registri di carico e scarico. Gli avvisi di garanzia riguardano al momento, il presidente del Consiglio di amministrazione e rappresentante legale dell'Accord Phoenix, l'indiano Shankar Ravi Santeshivara Bhyrapp; il consigliere di amministrazione e direttore generale della stessa società, Francesco Baldarelli (della provincia di Pesaro-Urbino) ed infine il responsabile della produzione della società, il danese Hansen Jorgen Lundo, i quali sono assistiti dagli avvocati Giulio Agnelli e Claudio Verini. Gli stessi dichiarano che se violazioni di legge ambientali ci sono state, «l'Accord Phoenix è prontissima a porre rimedio nel più breve tempo possibile, al fine di procedere alla conclusione delle restanti 60 unità lavorative che da troppo tempo attendono un posto di lavoro».
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