L'anno che verrà, i probabili protagonisti del 2023: dal sogno di pace di Zelensky alle sfide dei Carlo

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Carlo Nordio, una giustizia giusta, la madre delle riforme

Riformare la giustizia italiana? Vasto programma. Ma è l’obiettivo che si è dato Carlo Nordio. Giorgia Meloni l’ha nominato ministro del suo governo, come tecnico d’area liberale, nella speranza che possa riuscire nell’impresa. Il 2023 sarà il suo anno? I mali della giustizia italiana sono noti e atavici: organici sottodimensionati, uffici da riorganizzare, scarsa digitalizzazione delle procedure. Ma il vero nodo è politico. L’ordine giudiziario, dopo Tangentopoli, è tracimato dai suoi argini istituzionali. Ai tradizionali riflessi corporativi, tipici in Italia di ogni categoria professionale, si è aggiunta la convinzione di dover svolgere una missione non prevista dalla Costituzione: moralizzare la vita pubblica nazionale. Ne è nato un conflitto strutturale con la classe politica che non si riesce a chiudere. L’ipotesi di riforma abbozzata da Nordio, in coerenza con le sue riflessioni in chiave garantista, dovrebbe riguardare alcuni punti in particolare: la disciplina delle intercettazioni, la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, l’applicazione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale (per impedire l’attuale discrezionalità della medesima). Più altri provvedimenti al limite del buon senso, come lo stralcio dal Codice del reato di abuso d’ufficio. Sono punti sui quali la magistratura italiana, spalleggiata dalla stampa giustizialista, ha sempre fatto muro. Dunque, auguri di cuore a Nordio, per la sua battaglia disperatamente necessaria.

Alessandro Campi

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