Il fisico Piero Martin: «Da Sinner allo Squalo di Spielberg, così gli errori rivelano il genio»

Lo studioso sarà il 20 aprile al Festival delle scienze

Il fisico Piero Martin: «Da Sinner allo Squalo di Spielberg, così gli errori rivelano il genio»
di Riccardo De Palo
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Domenica 7 Aprile 2024, 16:10

«C'è del genio negli errori», scrive Piero Martin, professore ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Padova, che studia la fusione come sorgente di energia e che in Storie di errori memorabili (Laterza) spiega perché «talvolta un fallimento può trasformarsi in un'opportunità e in un momento di rinascita». Martin sarà protagonista del Festival delle Scienze di Roma, sabato 20 all'Auditorium Parco della Musica, insieme a un altro ricercatore, Devis Bellucci.

Come è nato questo libro?
«Ripensando a tutti gli errori che io stesso ho fatto. Sbagliare è un'esperienza comune, ma spesso tendiamo a nascondere le nostre debolezze. E invece, gli scienziati di cantonate ne hanno prese tante, che sono diventate occasioni per migliorarsi, sviluppare nuove teorie».


Come quando venne scoperta la radiazione di fondo che permea l'Universo, vero?
«Lo stesso Robert Wilson, che insieme a Arno Penzias ha vinto nel 1978 il premio Nobel per la fisica, dice che "quando un esperimento va male, di solito è la cosa migliore. La cosa che abbiamo visto era molto più importante di quello che stavamo cercando"».


A cosa puntavano veramente?
«Volevano osservare la Via Lattea, studiare fenomeni abbastanza standard e invece poi captano questo disturbo. Credono che sia un errore. Valutano tutte le possibilità, danno la colpa alle deiezioni dei piccioni, a interferenze radio da New York. E invece si tratta di una delle prime fotografie dell'universo appena nato, come era 13,8 miliardi di anni fa».


Lei scrive anche che un errore di traduzione nella risposta alla richiesta di resa al Giappone potrebbe avere causato la tragedia di Hiroshima. È veramente così?
«Gli storici la ritengono una ricostruzione controversa, però emblematica di come un errore di traduzione possa dare adito a incomprensioni. Ci sono stati casi meno gravi per fortuna, come quello dei canali di Marte di Giovanni Schiaparelli, che nella seconda metà dell'Ottocento dà origine alla fantascienza moderna».


Il mito dei marziani?
«Esattamente. Al telescopio osserva queste striature del pianeta e, siccome all'epoca non esistevano macchine fotografiche, traccia su carta quello che vede, e parla di "canali". Il problema è che quando il suo testo viene tradotto in inglese, "canale" diventa "canals", e non channels. Vale a dire canali artificiali, e non naturali. E quindi improvvisamente si pensa che su Marte ci siano i marziani».


E il caso dello Squalo di Steven Spielberg?
«È un film che ogni tanto danno in tv, ma non mi ero mai reso conto che le scene più terribili - e pensi che siamo negli anni Settanta, e non c'erano tutti gli effetti speciali di oggi - sono girate dal basso, dal punto di vista dello squalo. È stata una trovata geniale, perché ha trasformato un errore di progettazione - lo squalo meccanico galleggiava invece di andare sott'acqua - e lo ha trasformato in una grandissima opportunità.

Ma che dire di quello che è successo alla Bibbia?»


Ce lo dica lei.
«Nel tradurre i comandamenti si sono dimenticati il "non" e il settimo comandamento è diventato un'intimazione: "tu devi commettere adulterio". Era una bibbia del 1631, passata alla storia come la "Bibbia degli adulteri". Vediamola però come un'opportunità, perché se per caso le capita per le mani uno di quei volumi, sappia che vale parecchie migliaia di euro».


Lei cita anche l'errore di Enico Fermi, che non capì di trovarsi di fronte alla fissione nucleare. Mussolini avrebbe potuto cercare di usare la sua scoperta per fini bellici?
«Questo è rimasto un grande interrogativo. Io scrivo del caso di Fermi, e anche di quando Max Planck va da Hitler per chiedergli di non espellere gli ebrei dalle università tedesche. Hitler non lo ascolta e lo caccia in malo modo. Ma cosa sarebbe successo se gli scienziati ebrei che sono confluiti nel Progetto Manhattan fossero rimasti nella Germania nazista?».

Piero Martin (Foto Mastronardi)


Lei dedica un capitolo agli "errori dei superbi che non ascoltano la scienza". Chi sono i superbi?
«Basti pensare al tema dei vaccini, o agli allarmi inascoltati sui cambiamenti climatici. Pensi a cosa accadde a Ignác Semmelweis, che a fine Ottocento non riuscì a convincere i suoi colleghi medici che bastava lavarsi le mani per evitare infezioni e salvare la vita delle puerpere».


Qual è il più bell'errore della fisica, secondo lei?
«Quello di Fermi, che non si accorge di avere di fronte la fissione nucleare. Lui riconosce il suo errore e scrive una errata corrige nella sua lezione magistrale tenuta dopo il Nobel».


Quindi bisogna "fare tesoro degli errori", senza timori? Un po' come Sinner?
«Sì. Quante correzioni di errori lo hanno portato a vincere alla finale a Miami? Noi oggi applaudiamo il campione di tennis. Ma dobbiamo applaudire anche la sua lezione di umiltà. Gli errori andrebbero documentati, perché così si evita di rifarli. Invece, la nostra vita è una documentazione di successi, come vediamo sui social network».

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