In un libro la storia di Azzariti, da presidente del Tribunale della Razza alla Consulta

In un libro la storia di Azzariti, da presidente del Tribunale della Razza alla Consulta
di Franca Giansoldati
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Martedì 18 Gennaio 2022, 19:21 - Ultimo aggiornamento: 19:24

In un libro appena pubblicato, intitolato “In questi tempi di fervore e gloria” (Bollati e Boringhieri, 340 pagine) viene ricostruita la micidiale persecuzione ebraica in Italia sviluppatasi in modo legalmente inattaccabile attraverso tante leggi scritte, approvate e applicate sotto il fascismo. A scriverle fu uno dei giuristi del regime, Gaetano Azzariti, magistrato e capo del Tribunale della Razza, che proseguì inspiegabilmente la carriera anche nell'Italia repubblicana, fino ad arrivare al vertice della Corte Costituzionale. Nella sua carriera, prima dell'approdo alla Corte Costituzionale, collaborò persino con Togliatti nella redazione della amnistia del 1946. A riaprire la riflessione su questo strano caso è Massimiliano Boni, Consigliere della Corte costituzionale, autore di diversi libri: «II figlio del rabbino. Lodovico Mortara, storia di un ebreo ai vertici del Regno d'Italia» (Viella) e il romanzo «Il museo delle penultime cose» (66thand2nd).

Agli ebrei durante il fascismo, attraverso una serie di leggi che furono via via emanate, erano vietati i matrimoni misti, erano esclusi dalle forze armate, dalla pubblica amministrazione, non potevano dirigere le aziende con più di 100 dipendenti, non potevano vincere appalti o ottenere concessioni, non potevano lavorare negli alberghi, esercitare credito, fare i notai, il ferrivecchi, il portiere, non potevano vendere libri scolastici, possedere apparecchi radio, gestire scuole di ballo, allevare colombi viaggiatori, prendere a servizio domestici ariani, non potevano possedere terreni superiori a 5 mila lire, fabbricati superiori a 20 mila lire, non potevano andare nelle località di villeggiatura.

Erano dunque cittadini fantasma, di serie B, da perseguitare.

Azzariti in seguitò, dopo la guerra, spiegò che la sua funzione fu solo quella di «tradurre in norme di leggi i desideri di Mussolini» e che il suo ruolo presso il Tribunale della Razza – da lui presieduto - aveva contribuito ad attutire la dimensione persecutoria delle leggi razziste. Con queste motivazioni il magistrato dopo la guerra potè continuare indisturbato la sua carriera ai vertici della Repubblica Italiana. Morì nel 1961 e a lui sono state anche dedicate vie. Ora, a distanza di tanti anni si riapre il caso. Il libro verrà presentato a Roma, alla Galleria Sordi il 27 gennaio da Noemi di Segni e da Miguel Gotor.

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