Google, Eric Schmidt manda in pensione
il motto di BigG «Don't be evil»

Google, Eric Schmidt manda in pensione il motto di BigG «Don't be evil»
di Laura Bogliolo
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Mercoledì 15 Maggio 2013, 12:52 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 12:36
ROMA - Don't be evil? La frase pi stupida che abbia mai sentito. Parola di Eric Schmidt, il Ceo di Google che manda in pensione il motto di BigG. Don't be evil diventata una sorta di filosofia di vita della società che ha cambiato il modo di vivere il web.



Avere un'etica, comportarsi correttamente i principi diffuso all'inizio dell'avventura della geniale net company che ha rivoluzionato il modo di pensare e vivere il web. Concetti che poi, con il tempo, sembrano essersi dissolti considerando le accuse di violazione della privacy e di posizione dominante. Eric Schmidt, in tour in diversi network americani per l'uscita del suo nuovo libro The New Digital Age: Reshaping the Future of People, Nations and Business svela in un'intervista rilasciata a Peter Segal su Npr.org come viene usata la frase all'interno delle blindatissime riunioni della compagnia che ogni giorno sforna entusiasmanti progetti per Internet.



Schmidt racconta a Npr: «Durante una riunione, si parla di una pubblicità e uno degli ingegneri si oppone dicendo che è una cosa malvagia. Ed ecco quindi che alla fine il progetto si blocca perché tutti si sentono malvagi». Insomma il Ceo di Google dice che il motto viene usato per porre il veto a progetti duranti le riunioni. Secondo Schmidt, e questo concetto non appare affatto chiaro, «il problema è che non c'è nessuno che si sia impegnato a dire cosa sia buono e cosa cattivo, in questo modo il motto non può garantire che Google resti un'azienda eticamente impeccabile».



Il Ceo di Google insiste: «Quando sono stato assunto in Google ho pensato che quella frase fosse la cosa più stupida al mondo». A creare il moto secondo milti furono i due ragazzi d'oro, i fondatori del colosso di Mountain View, Larry Page e Sergey Brin. Sembra invece che all'orgine della frase ci sia la genialità di Paul Buchheit, impiegato numero 27 di Google, creatore tra l'altro di gmail.

laura.bogliolo@ilmessaggero.it
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