Ormai a meno di due settimane dalle elezioni alla presidenza del Coni del prossimo 26 giugno, Luca Pancalli lancia la sua volata in mezzo a otto candidati in lizza per la guida dello sport italiano: «Il mio sarà un Coni di discontinuità. Nella precedente gestione c'è stata troppa identificazione e personalizzazione con Malagò. Io voglio apparire molto meno. Il mio Coni non sarà solo un fabbricatore di medaglie, ma un Coni di tutti. Il mio programma non è uno spot, davvero tutti dovranno partecipare alla costruzione, faremo squadra. Il Consiglio Nazionale dovrà tornare ad essere il Parlamento in cui ognuno esprime le idee diverse in libertà, un luogo di dialogo. Basta con il concetto di un uomo solo al comando, il confronto sarà il nuovo metodo di lavoro. Il palazzo dev'essere meno palazzo e più spogliatoio. Serve una normalizzazione. Io ne ho fatto un percorso di vita, ma deve diventare quello dello sport».
LE STRATEGIE
Un po' per scaramanzia, un po' per i "franchi tiratori" sempre in agguato, guai a darlo favorito: «Quello che mi torna da chi mi dovrà votare mi fa essere ottimista verso il traguardo. Non sto però pensando alle strategie, ma solo al lavoro». Eppure sembra così strategico il mancato ricorso dell'ormai ex presidente del Cip contro la candidatura di Franco Carraro: «No, mi piace vincere sul campo, non perché il mio avversario viene squalificato». La discesa in trincea dell'ex sindaco di Roma avrebbe dovuto rinsaldare le due grandi correnti avversarie, ma non ha centrato l’obiettivo: ora ha poche chance di essere rieletto (è già stato presidente dal 1978 al 1987) e potrebbe togliere voti al grande rivale di Pancalli, Luciano Buonfiglio, sostenuto dal pacchetto consistente di Malagò. Ecco perché, senza l'appoggio del presidente del Coni uscente, c’è chi consiglia a Carraro di fare un passo indietro per evitare di macchiare a 85 anni una carriera storica condita solo di trionfi e grande prestigio.