L'assolo di Stefano Accorsi “Giocando con Orlando” per la riapertura del Teatro della Pergola di Firenze

L'assolo di Stefano Accorsi “Giocando con Orlando” per la riapertura del Teatro della Pergola di Firenze
di Katia Ippaso
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Martedì 11 Maggio 2021, 07:59

Riaprono i teatri. Si. Ma come? Non è solo una questione di distanze di sicurezza, di misure tecniche di riavvicinamento. Qui è in ballo la sopravvivenza del nostro immaginario, il disegno del mondo che verrà. Dalla Fondazione del Teatro della Toscana arrivano non solamente segnali di ripresa, ma elementi di riflessione in merito a quello che la scena dovrebbe produrre al di là del consumo spettacolare. «Le parole-chiave per me sono due: apertura e comunicazione» ha annunciato Stefano Accorsi nel corso della conferenza stampa che si è tenuta ieri al Teatro della Pergola di Firenze, di cui l’attore è direttore artistico. «Dopo 430 giorni senza teatro, non possiamo non considerare che ci stiamo riprendendo da una crisi storica» interviene Tommaso Sacchi, presidente della Fondazione Teatro della Toscana.

Insomma, siamo come alle soglie di un nuovo dopoguerra. Che fare? Da come ricominciare la ricostruzione? La lingua italiana, le parole dei nostri poeti, possono fare da bussola. Con “Giocando con Orlando” (il titolo del suo assolo), Accorsi ha voluto, non a caso, inaugurare questo finale-inizio di stagione, dando naturalezza e fisicità al disegno cosmogonico di Ludovico Ariosto (il testo è adattato da Marco Baliani). Un modo preciso, generoso, per traghettare gli spettatori tenuti troppo tempo sottochiave verso la catarsi della scena. «Senza il teatro, c’è poca coscienza di sé stessi, e senza coscienza non c’è civiltà» riflette Accorsi. E dunque la letteratura italiana, la lingua su cui il pensiero dei nostri autori si è esercitato per coniare mondi migliori, e plurali.

Dal 12 maggio, andrà in scena un testo scritto da Luigi Sturzo nel 1900, interpretato da cinque giovani diplomati della scuola Orazio Costa (della Pergola) e cinque colleghi dell’Accademia Silvio D’Amico di Roma. «Nel 1900, per primo e inascoltato fino agli anni Settanta, Sturzo scrisse un testo durissimo sul rapporto Stato-mafia, tuttora quasi del tutto sconosciuto» spiega Piero Maccarinelli, regista dello spettacolo “La mafia”. «Quest’anno drammatico che ci ha tenuti lontani dal teatro non è passato invano» dichiara Marco Giorgetti, direttore generale della Pergola. «Ne eravamo già convinti prima, ma adesso lo siamo ancora di più.

Il teatro va abitato dalle nuove generazioni. Abbiamo scritturato in diverse produzioni gli allievi delle due scuole, la scuola Orazio Costa e la scuola Oltrarno diretta da Pierfrancesco Favino. Vogliamo realizzare un teatro d’arte orientato ai giovani nell’accezione di Jacques Copeau e Orazio Costa, come combinazione di tradizione e innovazione, con un costante sguardo all’Europa, che ha nella lingua italiana la materia prima del suo agire, intorno a temi centrali come arte, scienza, educazione, formazione, ambiente, temi al centro anche della Carta 1XI, ideata da Emmanuel Demarcy-Mota, direttore del Théatre de la Ville di Parigi, sottoscritta dalla Fondazione prima che scoppiasse la pandemia».

Si rafforzano le collaborazioni con Charles Chemin (collaboratore di Bob Wilson), il Workcenter di Jerzy Grotowski e Thomas Richards e Giancarlo Sepe (dopo “The Dubliners”, avvierà in autunno la sua “Officina americana”). Tra le novità della prossima stagione, che comincerà già a settembre, la presenza di Elio Germano, sperimentatore di possibili incroci tra scena fisica e mondi tecnologici: per lo stabile fiorentino, l’attore e regista romano ha in preparazione un Pirandello setacciato dalla realtà virtuale, “Così è (o mi pare”) e un “Paradiso 33” ispirato alla Divina Commedia di Dante.

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