Una mostra a Rabat celebra venti anni di lavoro degli archeologi italiani in Marocco

Una mostra a Rabat celebra venti anni di lavoro degli archeologi italiani in Marocco
di Elena Panarella e Rossella Fabiani
3 Minuti di Lettura
Domenica 18 Novembre 2018, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 12:21

Una mostra a Rabat celebra venti anni di lavoro archeologi italiani in Marocco Volubilis, Chellah, Lixus e Zilil. In questi 4 siti è racchiusa una parte del patrimonio culturale marocchino. E la mostra multimediale sugli ultimi vent’anni di ricerche archeologiche che l’Università di Siena ha condotto in Marocco inaugurata da poco a Rabat mette in risalto il grande lavoro svolto, grazie anche agli studiosi italiani, nei principali siti archeologici che hanno contribuito alla ricostruzione della storia del Marocco. 
 

 

L’esposizione, intitolata “MedIT 98-18” e organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Marocco in collaborazione con l’Istituto di Cultura e le istituzioni locali, è ospitata presso la Galleria Bab Rouah, una location prestigiosa e una delle più belle attrazioni del Marocco. Bab Rouah si trova vicino al Palazzo Reale ed è conosciuta anche come la “Porta dei Venti” poiché viene continuamente colpita dai venti costieri. Il suo cancello - uno dei cinque che si trovano a Rabat e che un tempo fungevano da ingressi alla città - è il più maestoso e ben conservato di tutti i cancelli. E’ stato costruito nel 1197 da Yaacoub Al Mansour Al Mouahidi ed è una grande attrazione storica a Rabat. L’interno dell’edificio è rifinito con bellissimi pavimenti e ospita la celebre galleria d’arte dove fino al 28 novembre si potranno ammirare i lavori svolti dagli archeologici per la preservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico locale attraverso le metodologie usate, le attività di formazione, i laboratori e gli studi fatti in questi anni. 

Il primo sito studiato è stato quello di Thamusida dove sono state sperimentate tecniche di documentazione, diagnostica e rilievo, indagini geofisiche fino alle ricostruzioni tridimensionali delle strutture studiate. Thamusida è un antico villaggio, diventato prima un insediamento militare romano nel I secolo dopo Cristo, poi occupato fino all’età islamica. Altre ricerche sono state svolte a Lixus, una città del nord del Marocco che già nel primo millennio avanti Cristo era stata occupata da coloni venuti dall’Oriente, poi abitata senza soluzione di continuità fino all’epoca islamica.

Attualmente è in corso il “Progetto di preservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico del Marocco”, che si avvale di un finanziamento di due milioni di euro in tre anni, nell’ambito degli accordi di riconversione del debito marocchino verso l’Italia siglati nel 2013. Il progetto ha permesso di stipulare una convenzione di partenariato scientifico, tecnico e culturale tra la Direzione del patrimonio culturale del Ministero della cultura marocchino e l’Università di Siena. Grazie a questa collaborazione sono stati restaurati e valorizzati alcuni importanti monumenti e siti come la Medersa di Chellah, il palazzo del governatore a Volubilis e il sito di età maura e romana di Zilil nel nord del Marocco. Per quest’ultimo progetto sono state utilizzate tecnologie all’avanguardia come la realizzazione della fotogrammetria tridimensionale da drone, le ricostruzioni 3D e le indagini geofisiche su tutta l’estensione del sito con l’individuazione dei limiti dell’antica città romana in vista degli scavi previsti per il 2019.

Nell’inaugurare la mostra, che resterà aperta fino al 28 novembre, l’Ambasciatore d’Italia in Marocco, Barbara Bregato, ha ricordato come «l’intenso programma di formazione a beneficio di archeologi, restauratori, direttori di musei, curatori e sovrintendenti marocchini, svolto da parte italiana, abbia permesso la conservazione, la valorizzazione e l’allestimento di percorsi turistici e un centro di interpretazione in quattro importanti siti archeologi presenti sul territorio marocchino: Volubilis, presso Meknes, Chellah, nella città di Rabat, Lixus, nei pressi di Larache e Zilil, nella regione di Tangeri-Asilah, nonché l’allestimento a Volubilis di un modernissimo laboratorio di restauro archeologico, il primo in Marocco, dotato di macchinari italiani all’avanguardia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA