Cento capolavori recuperati dai carabinieri in mostra al Quirinale

Cento capolavori recuperati dai carabinieri in mostra al Quirinale
di Fabio Isman
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Mercoledì 22 Gennaio 2014, 19:13 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 11:27
Cento capolavori dal VI secolo a.C. fino al XVI dopo, il Settecento: sono esposti in quattro sale al piano nobile del Quirinale fino al 16 marzo (ogni giorno gratis, 5 euro la domenica con la visita del Palazzo, chiuso i lunedì), e narrano grandi squarci della nostra storia, con le vicende di tanti furti e tanti recuperi, ognuna degna di un film. Pensare che sono alcuni tra i reperti recuperati, soltanto negli ultimi due o tre anni, dai Carabinieri della Tutela culturale, fa star male: «Il patrimonio è continuamente aggredito», dice il generale Mariano Mossa che li comanda; e vedere tesori del genere, «che potrebbero essere la base per alcuni musei» (lo spiega Louis Godart, consigliere del Capo dello Stato per la conservazione artistica), ma sono invece il frutto di tante operazioni difficili e delicate, alla fine riconforta. Ci sono 23 urne stupende, che raccontano altrettanti miti greci, ancora con tracce dell’oro che ricopriva la pietra, le quali, a Perugia, formavano un ipogeo etrusco: quello dei Cacni, distrutto per costruire una casa. «Forse per la prima volta, si può vedere un intero mausoleo; e se fosse stato scavato con tutte le regole, chissà quante altre informazioni avrebbe potuto regalarci», dice Godart. E un intero tesoro, di 20 pezzi tra cui una mezza dozzina di grossi calici, in argento: «Un dono dei reali spagnoli al confessore, che, tornato in Italia, lo colloca in chiesa a Chiusa, in provincia di Bolzano; dismesso il luogo sacro, è tutto saccheggiato. I carabinieri trovano in maltolto in più riprese e alla fine, dopo averlo nascosto per 40 anni, lo svizzero che ha acquistato il corredo chiesastico lo restituisce al confine.



Vas e quadri Ci sono decine di vasi attici: tutto il campionario degli autori (Pittore di Dario, quello dell’Oltretomba), che il mercante Noryioschi Horiuchi, un giapponese che lavora in Svizzera, ha restituito; altri, lie aveva un tale dal nome curioso di Bodo Shops, già incontrato nei processi sulla Grande Razzia.
E con questi, davvero di tutto: un intero manuale di storia dell’arte. Una grande Croce in argento, da Baronecchia, del 1442. Una «Madonna» di Neri di Bicci, accanto a un «Paesaggio romano» di Giovanni Paolo Pannini, rubato a un antiquario da chi lo doveva restaurare, e l’ha invece esportato. Una «Santa Caterina» di Bernardino Zaganelli, a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento. Una «Leda e il cigno» di Lelio Orsi, che stava andando in asta a un milione e mezzo di dollari; un Trittico del Trecento rubato a Firenze, al museo Stibbert; un busto d’imperatore sottratto alla villa di Axel Munthe a Capri: «Ne avevano perfino mutato la fisionomia con un restauro, per sfuggire alle ricerche», racconta il maggiore Massimiliano Quagliarella. E poi, sui vasi, i miti greci. «Ce ne sono a iosa», dice Godart. Dimostrano l’intima connessione tra etruschi e i popolo ellenici. «Sui vasi e le urne, speravo di trovare una soluzione ai misteri del linguaggio etrusco. Invece, no: il segreto permane», racconta ancora il consigliere di Giorgio Napolitano. Tiene una dotta lezione su Ifigenia e dintorni, mentre Maurizio Capra, portavoce del Quirinale, sottolinea il «milione di visitatori nel palazzo in sette anni: la metà, proprio per le mostre».
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