I capolavori siriani distrutti dall'Isis rinascono in 3D al Colosseo dal 6 ottobre

I capolavori siriani distrutti dall'Isis rinascono in 3D al Colosseo dal 6 ottobre
di Alessandra Spinelli
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Venerdì 16 Settembre 2016, 15:30 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 21:50
Evocativo è il termine che la storica dell'arte Cristina Acidini usa per illustrare il lavoro fatto: risurrezione, ritorno dalla morte alla vita. Ed è davvero così, in un certo senso, visto che tre grandi manufatti distrutti o danneggiati dalla furia iconoclasta del terrorismo islamico, tornano, seppure in altra veste e in altro luogo, ad essere vivi. Si tratta della Sala dell'Archivio di Stato di Ebla, da anni nella polvere della guerra siriana, del Toro di Nimrud e del soffitto di Tempio di Bel a Palmira, fatti a pezzi dall'Isis nel 2015. Tre imponenti testimonianze della storia dell'Umanità, ricostruiti a grandezza naturale da aziende italiane con stampanti 3D e con la sapienza del restauro archeologico, che saranno in mostra in un posto dal valore fortemente simbolico: il Colosseo.
«Il luogo del meraviglioso» come ha detto il soprintendente per il Colosseo e l'area archeologica centrale, Francesco Prosperetti ieri alla presentazione alla stampa estera di Rinascere dalle distruzioni. Ebla Nimrud Palmira, la mostra nata dall'impegno dell'Associazione Incontro di Civiltà, guidata da Francesco Rutelli, e dal Comitato scientifico presieduto dall'archeologo Paolo Matthiae. Sarà inaugurata il 6 ottobre dal presidente Mattarella, e aperta al pubblico dal 7 fino all'11 dicembre. «Si vedrà ciò che nessuno può più vedere - ha sottolineato Rutelli - pensavamo che la furia iconoclasta appartenesse al passato, anche i cristiani furono protagonisti di distruzioni tanto che non avremmo avuto Marco Aurelio in Campidoglio se non fosse stato erroneamente confuso con Costantino. E anche noi europei nei secoli fino alla II Guerra Mondiale, e penso a Montecassino, Dresda, Varsavia, poi ricostruiti. Ecco di fronte alla furia distruttrice, noi vogliamo essere i ricostruttori. Ci occupiamo di pietre invece che di persone? Ci occupiamo dei fondamenti della civiltà e dell'identità di noi tutti».
La mostra, che ha il patrocinio dell'Unesco, ha avuto il fondamentale sostegno della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduta da Emmanuele Emanuele, 160 mila euro l'anno, per tre anni. «Ma l'obiettivo non è la rinascita simbolica». È infatti chiaro che questa operazione tecnico-scientifica mira ad essere in prima fila nel momento in cui si potrà operare in situ. L'archeologo Matthiae, che scoprì Ebla nel 74, però chiarisce i termini: «Rispetto della sovranità degli Stati in cui opere e monumenti si trovano, coordinamento e supervisione Unesco e la più ampia collaborazione internazionale. Anche se Damasco desidera che l'Italia sia a capo della missione».
Per il momento si potranno ammirare i tre monumenti ricostruiti con un'anima di polistirolo, una copertura in plastica modellata dai robot e una rifinitura con polvere di arenaria per esempio per il tetto del tempio di Palmira o di marmo per il toro di Nimrud. L'effetto potrebbe essere di un manufatto per scenografie hollywoodiane. «Niente di tutto questo - respinge la professoressa Frances Pinnock - c'è un profondo lavoro scientifico, ci si basa su disegni del 1930 e del 1970. E poi c'è il lavoro archeologico precisissimo. Per ricostruire i mattoni di Ebla abbiamo usato vetroresina sbriciolata e dipinta a mano». Tre le aziende della risurrezione: la ditta di Nicola Salvioli, specializzatosi all'Opificio delle Pietre dure di Firenze, Arte Idea di Roma che ha lavorato anche con Dante Ferretti e la Tryeco 2.0 che usa laser scanner 3D per i Beni culturali. Tutto il lavoro e la mostra saranno protagonisti di uno speciale su Sky Arte , partner dell'esposizione, in onda a gennaio in Italia.
«Esiste uno specifico spirito di Roma che ha permesso nel 98 in Campidoglio l'istituzione dello Statuto per sanzionare i crimini contro il patrimonio culturale come crimini contro l'Umanità - ha concluso Rutelli-. Ed è straordinario che questa mostra veda la luce nei giorni in cui il Tribunale Penale Internazionale celebra il primo processo della storia contro il principale responsabile della distruzione del patrimonio culturale islamico di Timbuctu».
 
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