Sergio Castellitto: «La corruzione si può vincere con lo sberleffo»

Sergio Castellitto: «La corruzione si può vincere con lo sberleffo»
di Gloria Satta
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Sabato 14 Aprile 2018, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 10:05

Un avvocato intrallazzatore, un principe del foro cinico e corrotto, amico di potenti e mafiosi, insuperabile tanto nell'arte giuridica quanto nella capacità di schiavizzare il giovane ed entusiasta praticante. E di farla sempre franca.
Sergio Castellitto, mattatore del film Il tuttofare del regista esordiente Valerio Attanasio (già sceneggiatore della trilogia Smetto quando voglio), dipinge un «mostro» che sembra uscito da una commedia feroce di Risi, Monicelli, Scola. E racconta, suscitando una risata amara, l'Italia del precariato, del nepotismo, del privilegio rubato, della sopraffazione.
«Sono cresciuto a pane e Gassman, pane e Tognazzi, pane e Manfredi, pane e Mastroianni: tutto quello che so fare l'ho imparato dai giganti», sorride Sergio, 64 anni, che nel film (in sala il 19 aprile con Vision Distribution) è efficacemente affiancato dal 27enne Guglielmo Poggi: l'attore interpreta lo sventurato praticante che, in vista dell'assunzione, non solo deve cucinare e guidare per il capo ma anche sposare la sua amante argentina (Clara Alonso) per farle avere la cittadinanza italiana. E l'irresistibile Elena Sofia Ricci ha il ruolo della moglie-iena del protagonista.

Quanto è attuale, Castellitto, il suo personaggio?
«Più che attuale, è eterno perché riassume il comportamento di molti cialtroni che nascondono una grande spregiudicatezza dietro l'apparente rispettabilità. Ma rappresenta solo un aspetto dell'italianità».

Cosa intende?
«In questo Paese non tutti sono come il mio avvocato carogna. Esistono tante persone perbene che si alzano presto, prendono i mezzi pubblici e vanno a lavorare».

Cosa l'ha spinta a interpretare il film?
«La capacità del regista di raccontare il presente con uno sberleffo, proprio come i maestri della commedia. I film leggeri hanno il compito di intrattenere lo spettatore che poi, una volta a casa, può riflettere».

Si parla di precariato: come padre di quattro figli, avverte il problema?
«Lo avverto in prima persona: nessuno è più precario di un attore. Nonostante la mia splendida carriera quarantennale, nessuno può garantirmi il lavoro».

Ha fatto molti sacrifici per affermarsi?
«Prima di sfondare nello spettacolo, ho lavorato per due anni in una società distributrice di quotidiani e riviste porno. E quando finalmente sono approdato all'arte, ho sentito di aver realizzato un sogno. I sogni servono. I giovani, oggi, vivono di illusioni perché la politica fornisce solo programmi, non una visione del mondo».

Dopo il premiatissimo Fortunata, dirigerà un nuovo film?
«Ho già dei progetti. Intanto sono tornato a far l'attore mettendomi al servizio del film. Amo il gioco di squadra».

Intende lavorare ancora con sua moglie, la scrittrice Margaret Mazzantini?
«Sempre di più. Più passano gli anni più sono contento di lavorare con lei. A volte ho pensato di scrivere le mie storie con altri, ma poi ho capito che non posso fare a meno di Margaret e del suo sguardo sul mondo».

Vi sentite invidiati a causa del vostro sodalizio sentimentale e artistico?
«L'invidia è una ginnastica praticata a livello nazionale e il nostro rapporto simbiotico, rivoluzionario in un mondo che si frantuma sempre più, può in passato aver dato fastidio a qualcuno. Ma non ci facciamo più caso».

Come mai, in una recente intervista al mensile GQ, ha difeso Asia Argento?
«Ho deciso di parlare dello scandalo Weinstein quando in Italia il problema delle molestie è scaduto a livello di gossip, suscitando risatine e disprezzo per le vittime. Asia è stata coraggiosa a denunciare gli abusi subìti. Si può parlare anche dopo anni: il trauma non scade. Io sono sempre stato dalla parte delle donne».

Ha firmato la lettera anti-molestie di Dissenso comune?
«No. Troppo generica, troppo ecumenica. Non chiamare in causa nessuno annulla le responsabilità individuali».
Lo tsunami scatenato dagli scandali sessuali cambierà per sempre il cinema?
«Non solo il nostro mondo, mi auguro. Spero che trasformi l'intera società in cui le donne vivono, lavorano e hanno il sacrosanto diritto di sentirsi al sicuro».
 

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