Israele, la strage del rave party
raccontata dai video delle vittime

Presentato a Roma #Nova, il documentario sull'attacco di Hamas

Un'immagine del documentario
di Gloria Satta
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Sabato 13 Aprile 2024, 21:20 - Ultimo aggiornamento: 21:21

La strage del 7 ottobre come non l’abbiamo mai vista: ricostruita dai video dei cellulari, commentata in tempo reale sulle chat e nelle telefonate. Questo materiale sconvolgente, che racconta ora per ora il massacro compiuto 6 mesi fa dai terroristi di Hamas in Israele nel corso di un rave party affollato di giovani, è stato cucito insieme dal regista israeliano Dan Pe’er. Ne è venuto fuori un documentario che, nell’era degli smartphone, inaugura un modo tutto nuovo di raccontare la realtà: s’intitola #Nova e, in attesa di trovare una distribuzione, è stato presentato a Roma, al Cinema Farnese, nel corso di una serata-evento organizzata dalla Jerusalem Foundation e dalla Comunità Ebraica di Roma, conduttore l’ediorialista del Corriere della Sera Maurizio Caprara che ha intervistato uno dei sopravvissuti, il 29enne Galil Gilboa Dalal, e sua madre Merav Dalal.                                                                                                IL SOPRAVVISSUTO. I due sono venuti a Roma per incontrare Papa Francesco insieme con altri parenti dei 133 ostaggi ancora nelle mani di Hamas: tra loro c’è anche il fratello minore di Galil, Guy. «Era al suo primo rave e si preparava da tre mesi», racconta scosso Galil, «quando i terroristi hanno iniziato a sparare io mi sono nascosto salvandomi, ma mio fratello non ha voluto lasciare i suoi amici ed è stato preso». Incalza la madre: «Dalla festa mi mandava dei selfie gioiosi, poi ho saputo dell’attacco dalla tv. Da 6 mesi non ho più notizie di mio figlio».
LA FESTA. #Nova comincia con i video dei ragazzi che, a migliaia, prima della mezzanotte raggiungono il deserto del Negev in attesa dell’annuale e molto atteso Nova Music Festival. L’atmosfera è effervescente. I dj ci danno dentro, la techno martella sotto le luci psichedeliche, si montano le tende, i giovani si scattano selfie, ridono, bevono, ballano tutti. All’alba l’aria è squarciata dai primi colpi: «Saranno i soliti missili da Gaza», commenta un ragazzo che, come tutti gli israeliani, è abituato a vivere ricorrentemente nella tensione. Intanto i macellai di Hamas arrivano a bordo di suv e moto urlando «Allah Akbar», alcuni si calano con i deltaplani e con gli Ak 47 spianati cominciano a sparare all’impazzata, anche contro i bagni chimici, non dimenticando di postare sui social il massacro.                LA FUGA.La festa è sospesa («Hamas di me...

hanno fatto saltare il party più bello d’Israele», urla uno), i ragazzi scappano, si creano ingorghi di auto in fuga, la terra si ricopre di cadaveri. «Papà, qui è pieno di morti, manda la polizia», piange al telefono una ragazza, e il padre: «Fingiti morta». Un altro videochiama i genitori: «Ci stanno sparando addosso, se muoio sappiate che vi ho amato». I cellulari inseguono Dor, Nekkie, Devora, Raz, Meshi e tanti altri che fuggono nei cespugli, si nascondono negli alberi, si tuffano perfino nei cassonetti mentre esercito e polizia danno la caccia ai terroristi. Bilancio degli attacchi del 7 ottobre: 1200 morti, 240 rapiti, tra cui 30 bambini, e 133 civili ancora prigionieri di Hamas. «Il film è dedicato alle vittime e agli ostaggi», dicono i titoli di coda di #Nova, «noi non smetteremo di ballare».

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