La sfida tra colossi che vale 19 miliardi della formazione. Un fondo tutto italiano prova a difendere il business dall’arrivo dei fondi stranieri

L'Italia è protagonista della formazione manageriale

La sfida tra colossi che vale 19 miliardi della formazione. Un fondo tutto italiano prova a difendere il business dall’arrivo dei fondi stranieri
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Martedì 25 Luglio 2023, 17:21

La formazione in Italia rappresenta un volano di sviluppo in costante e progressiva crescita, che sta attirando l'interesse e gli appetiti dei principali gruppi finanziari e fondi di investimento, che considerano il settore uno snodo strategico per la crescita del Paese. Allo stato attuale una delle principali partite si sta giocando nel campo della formazione manageriale dove, nel nostro Paese, è in corso un’aspra contesa.

Da una parte c’è la 24 Ore Business School, la storica scuola di formazione italiana nata oltre 20 anni fa, venduta dal Sole al fondo Palamon Capital circa cinque anni fa e acquisita pochi giorni fa da Digit’Ed, il polo tutto italiano dell’education executive di Nextalia sgr, la società di gestione del risparmio promossa dall’ex banker di Mediobanca, Francesco Canzonieri; dall’altra Sole 24 Ore Formazione, la nuova scuola di formazione de Il Sole 24 Ore, operativa da febbraio 2023 in joint venture con Multiversity, il gruppo di proprietà del fondo inglese Cvc, che ha al suo interno le università telematiche Pegaso, Mercatorum e San Raffaele. Una sfida che vale diversi miliardi di euro e che si innesta in uno scenario più ampio e articolato, quello del digital learning che in Italia vale 19,5 miliardi. All’inizio dello scorso anno, scaduti i termini di non competition, il Sole 24 Ore aveva deciso di rientrare nel business della formazione - dal quale era uscito con la cessione a Palamon. Ha quindi costituito una nuova scuola chiamata “Sole 24 ore Formazione”, sfiorando la replica del brand che aveva già venduto pochi anni prima a Palamon. Un fatto che non è piaciuto al fondo e alla 24 Ore Business School, tanto da indurlo a intentare una causa nei confronti del gruppo editoriale di Confindustria, la quale è tra i grandi azionisti di Nextalia sgr, ora proprietaria della storica business school del Sole attraverso Digit’Ed. Ad inasprire lo scenario c’è un però un ulteriore elemento: Multiversity, l’altro grande concorrente nel settore education, sigla una partnership con la neonata Sole 24 Ore Formazione.

E qui si consuma l’ulteriore groviglio.

Quando l'anno scorso il Sole ha deciso di rientrare nel business della formazione al termine del periodo di non concorrenza, dopo aver venduto la business school a Palamon, lo ha fatto portando al CdA (il Sole è società quotata) un parere legale sull’uso del brand che sembra contrastare con il contratto fra Sole e Palamon. È certo infatti che non possa utilizzare il brand 24ore nel mondo della formazione e infatti la pubblicità che stanno veicolando, nonostante la società si chiami Sole 24 ore Formazione, recita "se non c'è scritto Sole non è la scuola del Sole 24 ore".

In sostanza si stanno già preparando a rinunciare alla dicitura 24 ore. La questione più curiosa - riguardo cui alcuni si attendono un parere della Consob - è la presenza di Fabio Vaccarono (AD di Multiversity) nel consiglio del Sole che ha approvato l'avvio dell'operazione con Multiversity. L’ok alla partnership, discussa per la prima volta nel luglio 2022, è stata siglata nell’ottobre 2022 e un mese dopo, a novembre, il consigliere si è dimesso dal CdA.

Un fatto che sicuramente non è passato inosservato agli addetti ai lavori e che di fatto agiterebbe ancora oggi il consiglio di amministrazione del Sole. Va ricordato, infatti, che tra gli illustri consiglieri è presente Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano e presidente del CRUI, la conferenza dei rettori che si espresse in un documento ufficiale proprio contro le università telematiche, quelle università su la Multiversity guidata da Vaccarono sta investendo. Oggi Digit'Ed è considerato il polo italiano dell'education anche grazie al contributo di Intesa, azionista al 20%. E' di proprietà di Nextalia, i cui azionisti sono tutti italiani, da Coldiretti a Confindustria, fino alle principali famiglie del Paese, banche, assicurazioni e casse di previdenza.

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