Succede un mattino vicino a corso Francia: lui è un ragazzino di quattordici anni, zaino in spalla, la testa adagiata sulle nuvole come capita a quell’età. A un semaforo pedonale attraversa senza accorgersi che è scattato il rosso. Un automobilista, sui sessant’anni, sta per passare, per fortuna è attento e prudente alla guida, rallenta, si ferma, non investe il pedone distratto.
Il ragazzino si accorge dell’errore, si ferma anche lui. In questi casi non di rado a Roma va in scena una corale di insulti, accuse reciproche, aggressioni verbali e non solo verbali. Questa volta no: il ragazzino chiede scusa, con la mano si prende la colpa, il signore alla guida che è stato ragazzino pure lui gli fa segno di passare, che non è successo nulla di grave. Il ragazzino ringrazia e se ne va. Sì, sembra ed è un episodio banale, protagonisti un ragazzino distratto ma educato, e un automobilista, scrupoloso ma non aggressivo.
Eppure, nella città in cui l’orlo della crisi di nervi è ormai stato oltrepassato, in cui spesso le liti stradali finiscono con livore, a volte con un cric in mano e una coltellata, in cui tutti sembriamo sempre incavolati e furiosi e non pensiamo che basterebbe scusarsi se abbiamo sbagliato, tollerare un errore è la scelta migliore. Basterebbe sorridere se a sbagliare è stato chi abbiamo incrociato per strada, sorridere se abbiamo ragione e quell’altro vuole dimostrare che il torto è tuo. Ecco, in questa città un ragazzino che chiede scusa e un automobilista che non si arrabbia sono una buona notizia. Ci dicono: «Diamoci tutti una calmata».
mauro.evangelisti@ilmessaggero.it
twitter: @mauroev