I romani? Meno permalosi dei brianzoli

di Mauro Evangelisti
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Sabato 18 Gennaio 2014, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 07:55
"La grande bellezza" sar anche

un film sul declino di Roma, ma

il successo che sta riscuotendo dimostra

che l'Italia (tutta) ancora viva




@angelo_cennamo È accaduto tutto all’improvviso, come una temporale a primavera: dopo il successo ai Golden Globe, poi dopo la candidatura agli Oscar come miglior film straniero, Twitter e le bacheche di Facebook si sono riempite di status di chi pensava di andare controcorrente, in una sorta di posa snob-conformista, e ripeteva «La grande bellezza? A me non è piaciuta»: a volte aspirando a un logora originalità si citava l’abusata frase del film di Fantozzi sulla Corazzata Potemkin, a volte si usava la formula finta modesta «sarà perché non sono un intellettuale, ma per me la Grande bellezza è un film brutto». Si tratta di un fenomeno molto romano e abbastanza italiano. Di solito si sviluppa in tre fasi: la prima, l’entusiasmo di molti parla di «capolavoro»; la seconda, la voce fuori dal coro si alza e dice «ma quale capolavoro?»; ecco allora che la massa si sposta verso la bocciatura del grande successo aspirando all’originalità fuori dagli schemi che in realtà diventerà una nuova forma di conformismo. Ma il successo (meritato) de La grande bellezza alimenta anche un’altra domanda: il film esalta la bellezza - appunto - di Roma, ma ne racconta anche debolezze e meschinerie. Eppure nessuno si è scandalizzato e arrabbiato. Al contrario, per un altro bel film, Il Capitale umano, che racconta altre debolezze e meschinerie, in Brianza si sono risentiti. Da quelle parti sono più permalosi dei romani?



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