Nettuno, medico firma l’atto di morte ma l’anziana era ancora “viva”

Una ambulanza equipaggiata per il Covid
di Alessia Marani e Antonella Mosca
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Domenica 2 Gennaio 2022, 10:24

Ma la signora è morta o non è morta? Quel che è successo ieri mattina a Nettuno, sul litorale sud della Capitale, ha del kafkiano. Prima arriva l’ambulanza a soccorrere un’anziana donna, ultranovantenne, affetta da gravissime patologie e anche dal Covid. Per lei c’è poco da fare e i familiari preferiscono lasciarla in casa piuttosto che portarla a morire in ospedale. Quindi l’equipaggio se ne va via, raccomandando ai familiari di chiamare la guardia medica qualora sopraggiungesse il decesso. Poi il decesso avviene - o almeno sembra - il medico di guardia della Asl arriva ma non ha i dispositivi di protezione individuali per affrontare un Covid, non se la sente di entrare e, alla fine, stila il certificato di morte, ma “sulla parola”. È a questo punto che accade qualcosa che ha dell’incredibile. 

IL PANICO

Mentre i familiari accudiscono il corpo e sopraggiungono anche gli operatori delle pompe funebri, una nipote, per scrupolo o per un eccesso di zelo, riapplica il saturimetro alla signora e lo strumento ricomincia a dare parametri vitali, ossigeno e battiti cardiaci. Insomma, forse non è morta. Fermi tutti, l’agenzia funebre rifiuta di proseguire con le procedure per il funerale. Momenti di panico. Alla fine viene richiamata l’ambulanza. Nel quartiere le voci si susseguono: «Ma Adriana è morta o no?», qualcuno ironizza: «È resuscitata». Forse è solo il saturimetro che non ha funzionato, oppure è stato davvero un ultimo sospiro, fatto sta che sarà solo la dottoressa sopraggiunta con il nuovo equipaggio del 118 a constatare sul serio il decesso. 

 


Adriana Magliozzi aveva 95 anni, la figlia Marinella Castaldi racconta che si era aggravata nella mattinata. «Quando è arrivata l’ambulanza gli addetti l’hanno aiutata liberandole le vie respiratorie ma ci hanno detto chiaramente che la situazione era molto critica.

Noi abbiamo preferito non farla portare in ospedale, decidendo che fosse meglio che stesse qui nelle sue ultime ore», spiega. Ma si trattava di minuti. La signora si è spenta poco dopo con accanto la figlia, il genero e le nipoti. A quel punto, come previsto per legge, hanno chiamato la Asl Rm6 per l’invio di un medico che stilasse il certificato di morte visto che il primo gennaio quello di base è indisponibile. «Ma quando è arrivato il dottore - aggiunge Marinella - sentendo che mamma era positiva al Covid19, non è proprio entrato in casa. Ci ha detto che anche lui aveva gravi patologie, che non aveva dietro i dispositivi di protezione individuale e che, insomma, si “fidava”! Siamo rimasti allibiti! Ma sei un medico? Ha fatto il giuramento di Ippocrate? E allora perché ti tiri indietro? Lui, rimanendo in giardino, ha scritto il certificato di morte sul ricettario rosa, lo ha firmato e ce lo ha consegnato».

La figlia, arrivata da Londra nei giorni scorsi per l’aggravarsi della nonna, conferma il racconto. Ma i colpi di scena non erano finiti. A una nipote viene il dubbio: e se respirasse ancora? Prende il saturimetro che le era stato staccato e lo riposiziona. Quindi, l’urlo di sorpresa: «Il cuore batte!». «Non sapevamo che fare, poi l’agenzia funebre ha detto di richiamare il 118». Intanto anche il saturimetro si ferma. Torna l’ambulanza. «Questa volta a bordo c’era una dottoressa bravissima che aveva già visto mamma la scorsa settimana e ha stilato il certificato di morte». Quello vero.

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