«Sono cresciuto con i suoi gelati». È la frase che ieri mattina riecheggiava nella chiesa di San Luigi Gonzaga, nel cuore dei Parioli, dove si sono raccolte, tra ricordi e occhi velati di lacrime, centinaia di persone per dare l’ultimo saluto a Giovanni Barchetti, lo storico gelataio titolare dell’attività di via Duse, morto martedì a 83 anni. Giovani e meno giovani. Tutti uniti dall’amore per quell’uomo che «non era solo un gelataio», ma «una persona che ha cambiato l'anima del quartiere», ha ricordato la giornalista Silvia Santalmassi. «Un quartiere che lui ha trasformato in una sorta di rione popolare nel più bel senso del termine» perché nel suo locale - dove non trovavi solo il gelato, ma anche la torta di mele, i bignè straripanti di una crema di una bontà assurda, le crostate, i tramezzini, il ciambellone - «la gente si sentiva a casa propria, si conosceva, si confidava», ha raccontato Santalmassi.
LO “PSICOLOGO”
Giovanni era una sorta di psicologo che, con la sua bontà e generosità, «ha creato una famiglia tra gente totalmente diversa quanto a estrazione sociale, carattere e mille altre cose.
Nessuno dei presenti infatti ieri voleva essere definito tale. Tutti dicevano di essere «amici di quell’uomo che ha battezzato con la crema intere generazioni», ha detto commosso Domenico Mascagni, storico medico di una clinica proprio a due passi dalla gelateria di via Duse, ricordando i cinquant’anni di vita «vissuti da Giovanni». Perché ogni occasione era buona per andare da lui a prendere un gelato che «era una medicina per tutti». E guai a chi provava a dire che non era il più buono di Roma. «Chi provava a sostenerlo non era più amico mio», ha detto Mascagni cercando di strappare un sorriso ai tanti volti tristi e rigati dalle lacrime.
Quelle lacrime che nessuno è riuscito a trattenere quando ha preso la parola Luciana, la nipote del gelataio, che gli ha «tenuto la mano fino all’ultimo respiro». «Da sempre le persone mi fermano - ha raccontato - come se fossi la nipote di una celebrità. E lui lo era, ma in un modo tutto suo, con l’umiltà che lo ha sempre contraddistinto. E per questo io sono sempre stata fiera di lui».
IL “PELLEGRINAGGIO”
Al termine della celebrazione, mentre un lungo applauso ha accompagnato l’uscita del feretro in molti si sono dati appuntamento in via Duse pronunciando la storica frase con la quale sono cresciuti: «Ci vediamo da Giovanni?». E così un pellegrinaggio silenzioso si è diretto verso quel luogo, ora pieno di fiori, foto e biglietti di addio, «che senza Giovanni non sarà più lo stesso».