L'attore e le truffe: Gimignani accusato di riciclare all'estero telefoni rubati

L'attore e le truffe: Gimignani accusato di riciclare all'estero telefoni rubati
di Paola Vuolo
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Giovedì 10 Luglio 2014, 11:35 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 12:20

Era il tecnico informatico di fiducia della banda specializzata nel borseggiare telefonini di ultima generazione: l’attore Alberto Gimignani (La Piovra, Commissario Rex, Un posto al sole, La Famiglia, Ricordati di me) finito nell’inchiesta dei carabinieri della compagnia Roma centro scattata un anno fa per le moltissime denunce di romani e turisti sui furti di tablet e smartphone.

L’INDAGINE

L’indagine della Dda ha svelato l’esistenza dell’organizzazione criminale di nordafricani e romeni che aveva una specie di base logistica a piazzale Flaminio, dove i borseggiatori consegnavano ai ricettatori i telefonini rubati nella metro. Sono 18 le misure cautelari emesse dal Tribunale e 13 le ordinanze di custodia cautelare in carcere, altre quattro persone sono iscritte nel registro degli indagati. Per Alberto Gimignani, che si trova in America a girare un film, le accuse sono di ricettazione e riciclaggio. Secondo gli inquirenti riusciva, usando un programma scaricato da internet, a risalire al paese di provenienza del telefono e del gestore e a cancellare il codice dei telefonini rubati. In questo modo il cellulare tornava a funzionare, nonostante l’azienda telefonica lo avesse bloccato in seguito alla denuncia del cliente derubato. Gli apparecchi venivano ripuliti e i nordafricani potevano rivenderli. Gimignani (destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere) è estraneo all’organigramma del gruppo criminale, gli investigatori hanno appurato che svolgeva esclusivamente il ruolo di tecnico informatico, per questo non gli è stata contestata l’associazione per delinquere. Nel suo appartamento sono stati trovati numerosi codici (Imei) di smartphone, iPhone e tablet rubati, tra le vittime anche un impiegata dell’ambasciata francese ed un parlamentare.

Dall’inchiesta convenzionalmente battezzata Apple, sarebbe venuto fuori che a capo dei nordafricani c’era Redonane El Jabrain, l’uomo che imponeva i prezzi dei telefonini e aveva i contati per rivenderli. Circa 200 apparecchi al mese destinati quasi tutti alla Tunisia e al Marocco, una parte veniva venduta al mercato di Porta Portese. Redonane stazionava a piazzale Flaminio e a lui si rivolgevano i romeni, che avevano il ruolo dei borseggiatori. Il suo più stretto collaboratore era Ayat, che trasmetteva i codici dei telefonini ad Alberto Gimignani, e gli avrebbe in un’occasione, anche consegnato due apparecchi in cambio di soldi. La banda organizzata perfettamente, aveva anche un sistema d’allarme, ognuno avvisava l’altro se nei paraggi c’erano uomini delle forze dell’ordine. I borseggiatori conoscevano alcuni agenti per nome, in una telefonata per avvisare che ci sono gli sbirri, un romeno dice al collega: «ho visto Paolo». I carabinieri hanno sequestrato 80 telefonini, 5 computer portatili e 6 macchine fotografiche, il materiale stava per essere trasferito in Marocco tramite un corriere. La banda intascava 60.000 euro al mese. L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, a capo del pool anititerrorismo, punta ora ad accertare chi erano i destinatari dei telefonini.

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