Ama al collasso: «Stipendi a rischio da ottobre»

Ama al collasso: «Stipendi a rischio da ottobre»
di Mauro Evangelisti
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Martedì 23 Ottobre 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 07:00
Dal 15 novembre le banche chiudono i rubinetti, Ama perde finanziamenti per 200 milioni di euro che servono per la gestione quotidiana dell’azienda. Gli stipendi di ottobre e novembre sono a rischio, così come l’acquisto del carburante dei mezzi che fanno la raccolta. Intanto, l’Ama non versa a Roma Capitale la quota di Tari dei mesi estivi. Tutto questo non è frutto della polemica di sindacalisti troppo agitati, non è un retroscena dei giornali, lo ha scritto nero su bianco Lorenzo Bagnacani, presidente dell’azienda, in una lettera inviata il 18 ottobre alla sindaca Virginia Raggi, al vicesindaco Luca Bergamo e agli assessori al Bilancio e alla Sostenibilità ambientale, Gianni Lemmetti e Pinuccia Montanari. Altro dato per capire quanto sia dirompente questa lettera: sindaco e assessori sono 5 Stelle, ma anche Bagnacani è stato scelto dai 5 Stelle, dunque non può essere sospettato di strumentalizzazioni. Bagnacani nella missiva è perentorio: se Roma Capitale non approva il nostro bilancio, le banche non ci danno più un euro. Ultima nota a margine: il bilancio dell’Ama è stato approvato dal Cda sei mesi fa, ma da allora Roma Capitale, unico socio e dunque proprietario di Ama, si rifiuta di ratificarlo, contestando i 18 milioni di euro di crediti vantati dall’azienda per i cimiteri. Unico elemento che potrebbe mutare questo scenario catastrofico: la lettera è del 18 ottobre, da allora sono trascorsi cinque giorni, Lemmetti tace, ma la Raggi e la Montanari ripetono come un mantra che la situazione del bilancio è vicina a una soluzione. La speranza è che in queste ore lo scenario prospettato da Bagnacani possa essere superato.

EMERGENZA
Cosa scrive Bagnacani? Ricorda di avere lanciato l’analogo allarme in altre missive del 28 agosto e del 7 settembre. «Siamo informati dagli istituti finanziari che gli stessi sono ancora in attesa di ricevere l’accettazione esplicita del pegno sui crediti dell’Ama verso Roma Capitale così come contrattualmente previsto. Il perfezionamento di tale garanzia è necessario per poter utilizzare le linee di credito che allo stato attuale sono prorogate fino al 15 novembre, ma non disponibili». Spiega un insider: le banche ci hanno bloccato le due linee di credito da 200 milioni con cui Ama gestisce la cassa, paga i salari e i fornitori; i finanziamenti dipendono dai crediti che noi diamo come pegno; poiché Roma Capitale non riconosce, quale debitore, i 18 milioni relativi ai cimiteri, tutto si è arenato. Come ha fatto l’Ama a pagare comunque gli stipendi negli ultimi mesi? Il meccanismo funziona così: Ama incassa la Tari, la gira a Roma Capitale che a sua volta paga la rata del servizio garantito da Ama. Con lo stop delle linee di credito, Ama si è tenuta le rate della Tari di giugno, luglio e agosto. E dice Bagnacani: non riverseremo neppure quella di settembre a Roma Capitale se permangono queste condizioni. «Sarà possibile eventualmente riversare solo le somme incassate relative al mese di giugno pari a 53,7 milioni, qualora ci sia da parte di Roma Capitale l’indicazione sul procedere dello sblocco del pegno». In sintesi: saranno a rischio «il pagamento degli stipendi del mese di ottobre» e sarà «sostanzialmente impraticabile il rispetto del pagamento delle deleghe e degli stipendi del mese di novembre limitando, fra l’altro, la possibilità di utilizzare finanza per il pagamento dei fornitori essenziali e strategici (carburanti, raccolta, trattamento e trasporto)». C’è poi la parte legata al bilancio: comunque sia, se non ci sarà l’approvazione definitiva da Roma Capitale, le banche il 15 novembre chiudono le linee di credito. Addirittura, dice Bagnacani alla Raggi, saremo «soggetti a richiesta di rientro immediato di tutti gli importi concessi (una linea per 205 milioni di euro, l’altra per 4,5) aprendo a scenari non più gestibili». Alla luce di questa situazione catastrofica, prospettata da Bagnacani, i leader di Fp Cgil, Cisl Fit e Fiadel Natale Di Cola, Marino Masucci e Massimo Cicco hanno confermato lo sciopero del 5 novembre. E a pagare, anche con una città molto più sporca, saranno i romani. 
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