Se ne saprà, probabilmente, di più domani in una conferenza stampa convocata per le 12. Prima di entrare nell'ufficio del magistrato, la donna, al momento residente in Svizzera, alla domanda se intende rientrare in Italia aveva risposto: «vedremo, non so, stiamo valutando la situazione». Nessuna ricognizione fotografica dei personaggi che si occuparono della sua espulsione, a partire dal prelievo di lei e della figlia Alua di sei anni nella villa di Casalpalocco, ha scandito l'interrogatorio.
Nessuna conferma da parte degli avvocati neanche sul deposito di un'ulteriore documentazione relativa alla falsità del passaporto contestata all'indagata. Per le presunte irregolarità legate all'espulsione di Alma Shalabayeva sono indagati per sequestro di persona l'ambasciatore del Kazakistan in Italia, Andrian Yelemessov, il consigliere per gli affari politici, Nurlan Khassen, e l'addetto agli affari consolari, Yerzhan Yessirkepov. Partita dal Kazakistan il 27 dicembre scorso dopo l'annullamento del decreto di espulsione da parte del Governo italiano ed arrivata a Roma, prima del trasferimento in Svizzera, Shalabayeva, nel ringraziare l'Italia ed il suo popolo per la vicinanza manifestata a lei ed alla sua famiglia, disse di aver temuto, in patria, per «la sua vita». Sottolineò che «il Kazakistan ha rapito me e mia figlia a causa di mio marito. Ed è sempre per mio marito che ci hanno consentito di andare via. Sperano che il fatto di mostrarsi civili li aiuterà ad ottenere l'estradizione di mio marito dalla Francia, ma in ogni caso non avrebbero mai preso una decisione del genere se non ci fossero stati mass media indipendenti che hanno detto la verità su quanto mi è accaduto»
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