Tagli e riforme Renzi: ora tocca a municipalizzate Aci e consorzi

Matteo Renzi
di Mario Stanganelli
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Lunedì 7 Aprile 2014, 07:48
In una domenica di lavoro dedicata alla definizione del Documento economico e finanziario, Matteo Renzi, coi suoi collaboratori, ha insistito su quello che è ormai il leit motiv della sua azione, cioè il cambiamento: «La politica, per essere credibile, deve cominciare a tagliare e riformare se stessa, così sarà forte abbastanza da incidere sulle scatole cinesi della Pubblica amministrazione. Lo slogan di Renzi è «ora si cambia».



«Dopo il Senato vado all’attacco di tutti i santuari», che nell’agenda del premier prendono il nome dei Consorzi di bonifica, dell’Aci e della Motorizzazione civile, delle 7 mila aziende municipalizzate. «Santuari che - afferma Renzi - non ci saranno più».



Il dibattito sulle riforme ieri si è svolto tutto sul tema dell’autosufficienza della maggioranza al Senato per portarle avanti. Viste le differenti opinioni nel gruppo del Pd, a cui ha dato voce il presidente Grasso, Forza Italia pretende di avere in mano la carta decisiva per il successo o il fallimento del progetto renziano. Così però non la pensano due esponenti di primo piano del governo: Maria Elena Boschi e Angelino Alfano. Per la ministra delle Riforme, intervistata su Sky da Maria Latella, «anche se FI dovesse sfilarsi dall’accordo, i numeri per andare avanti ci saranno comunque». La Boschi, tuttavia, si dice «convinta della tenuta dell’accordo, anche per le parole di Berlusconi di sabato sera. Probabilmente - osserva - ci sono dei contrasti interni a FI ma che sicuramente si risolveranno».



NESSUNA SPACCATURA

La titolare delle Riforme, d’altra parte, non nutre timori di spaccature nella maggioranza e definisce «infondate le preoccupazioni di Grasso, perché, calcoli alla mano, Pd, Ncd, Sc, PI e Autonomie sono in grado di approvare le riforme anche da soli». Ribadito che sui punti cardine del testo di riforma, come la non elezione diretta dei senatori, «non ci sono margini di trattativa», la Boschi ne ha anche per quella «parte di professori, per fortuna una minoranza che, ogni volta che si propone un cambiamento, si oppone, mettendosi, come all’università, in cattedra a dare i voti agli studenti, senza accettare che ci sia un’idea diversa dalla loro per riformare il Paese». In ogni caso, la ministra si dice certa che dal suo partito non verranno sorprese: «Il Pd sarà sicuramente compatto al momento del voto perché la linea è già stata decisa dagli elettori delle primarie e dalla Direzione del partito».



Sulla tenuta della coalizione in Senato condivide le posizioni della giovane collega il ministro dell’Interno Alfano: «Siamo convinti che per le riforme la maggioranza e i numeri ci siano. E se la maggioranza qualificata non ci sarà, se non ci saranno i due terzi previsti dalla Costituzione per evitare il referendum, - dice il segretario del Nuovo centrodestra - andremo alla consultazione popolare e le riforme saranno validate dal popolo con il voto».



D’accordo sul superamento del bicameralismo anche Pier Ferdinando Casini che consiglia di concentrare l’attenzione sulle «funzioni» del nuovo organismo, perché, «o il Senato serve a fare qualcosa di utile, o tanto vale abolirlo». Il leader dell’Udc afferma che «farà di tutto per facilitare quest’operazione di riforma. Può darsi - dice - che le cose potessero essere fatte meglio ma lo status quo non è più tollerabile». Oggi, spiega Casini, «bloccare le riforme significa consegnare il Paese a Grillo» e, in questo senso, «tutta questa indignazione di professoroni e professorini per ”l’attentato alla democrazia“ che starebbe compiendo Renzi è assolutamente ingiustificata».



Dal versante Forza Italia pur confermando la necessità delle riforme, in particolare dell’Italicum di cui Brunetta lamenta «l’insabbiamento» a palazzo Madama, in parecchi replicano alle affermazioni di Maria Elena Boschi sui numeri della maggioranza al Senato e sui «contrasti interni a FI» ipotizzati dalla titolare delle Riforme. «Vorrei sommessamente far notare al ministro Boschi - dice Giovanni Toti - che i problemi sulle riforme ce li ha il Pd e non Forza Italia. Se ne è accorta?». Un ruvido invito ad «abbassare le penne» arriva infine alla «inesperta ministra» da Maurizio Gasparri, per il quale «i senatori nominati non passeranno mai e quelli scelti dal presidente della Repubblica finiranno in discarica».

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