Camere, Berlusconi chiama il Pd: «Fermiamo l'asse Lega-M5S»

Berlusconi (ansa)
di Marco Conti
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Sabato 24 Marzo 2018, 08:09
Mastica amaro per tutta la serata Silvio Berlusconi per quello che l'alleato Matteo Salvini definisce «uno scherzetto per ravvivare una giornata un po' noiosa». Poi, a tarda sera, la reazione del Cavaliere ancor più dura del comunicato pomeridiano: «Si vota Romani».

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Margini per rimettere insieme la coalizione restano aperti solo a parole dopo la decisione della Lega di votare da sola Anna Maria Bernini nel tentativo di scalzare il nome di Romani che i 5S non vogliono. Berlusconi tira dritto, pronto a rischiare la rottura dell'alleanza pur di non vedersi cancellato dall'alleato e da Di Maio. I due, sostiene, «vogliono i miei voti, si scelgono i candidati e continuano ad insultarmi». «Il nostro candidato resta Romani», si legge in una nota che esce a tarda sera dal gabinetto di guerra riunito a palazzo Grazioli subito dopo l'ultimo votazione a palazzo Madama.

LA CANDIDATA
Lo strappo tra FI e Lega si consuma al momento della seconda chiama di senatori, quando dai banchi di FI il senatore di Velletri Antonio Saccone si accorge che i colleghi della Lega impiegano troppo tempo dietro le tendine per votare scheda bianca. E infatti non lo fanno. Alla fine risultano 57 i voti del Carroccio in favore dell'ex ministro di FI che in serata va a palazzo Grazioli e poi comunica di essere indisponibile ad essere la candidata di altri. L'asse Di Maio-Salvini riesce a sparigliare i giochi del Cavaliere. Sulla graticola finisce Paolo Romani, che i 5S non vogliono, ma anche la Bernini. «Ma come, gli ho portato l'intesa su un piatto d'argento! Noi e 5S pronti a votare la Bernini. Non la vuole perchè ci accusa di lesa maestà? Votiamo un altro, come la Casellati», sostiene Salvini al telefono con più di un pontiere azzurro.

Dentro FI la tensione è fortissima e l'ira del Cavaliere si accompagna ai tentativi dei parlamentari azzurri del Nord di tenere insieme l'alleanza. Ciò fa aumentare i sospetti di coloro che sin da subito si sono chiesti «perché impallinare la Bernini e non la Casellati? Forse perché vicina a Ghedini e alla Lega?». Lo sconcerto per essere stati scavalcati dall'alleato si trasforma in rabbia e alimenta le ipotesi più fantasiose per rendere «pan per focaccia» a Salvini al momento del voto a Montecitorio o già dalla prima votazione di oggi a palazzo Madama. Sino a notte inoltrata si ragiona sulle mosse da fare. Se rilanciare la Bernini, spostarsi sulla Casellati, su un terzo nome. Alla fine si decide di rimanere alla decisione presa dai leader della coalizione - Salvini, Berlusconi e Meloni - nell'ultima riunione: Romani.

Contatti febbrili che al telefono coinvolgono tutti i leader della coalizione con Giorgia Meloni che prova a spegnere gli ardori mentre Fabio Rampelli propone di rinviare le votazioni di questa mattina. Dal canto suo Salvini, si mostra tranquillo e sicuro di aver scongiurato, con la mossa di ieri pomeriggio, un possibile accordo tra Pd e 5S. «Non volevano cambiare candidato e l'ho fatto io», rivendica colui che dopo Pasqua tutto il centrodestra dovrebbe indicare come candidato per palazzo Chigi.

Forza Italia però non ci sta e tiene ferma la candidatura di Romani che potrebbe ricevere voti del centrodestra e di parte del Pd. Comunque vada l'alleanza è in frantumi. «Tocca a Salvini dire ora da che parte vuole stare», sostengono a palazzo Grazioli. D'altra parte le differenti strategie interne al centrodestra erano destinate prima o poi ad esplodere. Berlusconi, che anche ieri ha chiamato Dario Franceschini, continua a guardare al Pd per cercare di mettere su un governo - di centrodestra o di tutti - in grado di stabilizzare la legislatura. Salvini non vuole allearsi con i Dem e punta diritto al voto nella convinzione di poter lanciare l'ultima e definitiva opa su tutto il centrodestra. Una differente prospettiva destinata a riemergere forse anche nelle votazioni di oggi e certamente al momento delle consultazioni al Quirinale.

Lo stallo non può non preoccupare il Quirinale che ieri ha seguito più che l'andamento delle votazioni lo scontro tra i partiti e la spaccatura interna al centrodestra che rischia di complicare ancor più il lavoro del presidente della Repubblica.
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