L’area mediterranea/ Non siamo più spettatori, cambia il ruolo

di Ennio Di Nolfo
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- Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 00:00

È sufficiente citare il nome di Sigonella per risvegliare l’eco di lontane vicende, che a suo tempo, nel 1985, fecero apparire l’Italia come coraggiosamente ostile ai diktat di Reagan. La decisione, resa pubblica nei giorni scorsi e che segue l’importante visita del Presidente della Repubblica negli Stati Uniti, secondo la quale il governo italiano concederà agli Stati Uniti la possibilità di utilizzare Sigonella come base di partenza per i droni che verranno usati nelle azioni militari contro le formazioni Isis nell’area di Sirte o in altre parti della Libia, se non fosse sottoposta alla condizione che gli aerei militari servano a scopo difensivo, capovolgerebbe l’idea di un’Italia coraggiosa.
La reazione automatica di molti insisterebbe sulla subalternità dell’Italia verso le decisioni del più potente alleato poiché trascinerebbe indirettamente l’Italia nelle operazioni militari contro il cosiddetto “Stato islamico”. Questa illazione è tuttavia insensata e infondata. Il che non significa che la decisione sia irrilevante e sfiori appena gli interessi italiani. Significa invece che oggi il ruolo della base di Sigonella è ben profondamente diverso da quello che essa aveva nel 1985. 

 
A differenza di allora, l’Italia deve oggi fronteggiare un pericolo reale e vicino, a 200 chilometri dalle coste della Sicilia, mentre non si riesce a formare un governo libico legittimo, si rafforza un presidio di forze islamiste che controllano Sirte e i suoi dintorni. Forze che da principio ammontavano a circa tremila uomini, oggi cresciuti sino a seimila, se non anche a diecimila, come affermano fonti francesi. 
E questo non sarà magari un immediato pericolo militare ma è già da ora certamente una minaccia vitale per le forniture energetiche che l’Italia continua a ricevere dalla Libia. Pensare che si tratti di un tema irrilevante per la sicurezza italiana significa non voler guardare ciò che accade sotto i nostri occhi. Il rafforzamento di uno stato islamico in Libia è perciò una minaccia reale ad affrontare la quale l’Italia deve essere preparata: oggi con misure difensive, in avvenire con le risoluzioni del caso.
Queste osservazioni non esauriscono però gli aspetti della situazione. Infatti, rispetto al recente passato, non pare che l’uso della base di Sigonella modifichi molto lo stato delle cose. Nella sua azione del 19 febbraio contro basi islamiche in Libia, i droni americani, partiti dalla Gran Bretagna, si sono riforniti in volo grazie alle risorse di Sigonella. Non avere usato subito la base siciliana era un segno di attenzione verso la suscettibilità di parte dell’opinione pubblica italiana. Questa opposizione si ripeterebbe se non fosse precisato che l’autorizzazione italiana verrà concessa caso per caso e solo in funzione difensiva. Ma proprio questo aspetto della questione mostra la relativa incertezza circa la portata dell’accordo. 
Quando si parla di azioni difensive ci si deve chiedere infatti anche: difensive da chi e da che cosa? La risposta a questo interrogativo investe la natura dell’accordo poiché tocca la distinzione tra forma della redazione e portata politica dell’intesa. E’ evidente che la relativa complessità del linguaggio corrisponde alla difficoltà obiettiva di prevedere gli sviluppi della situazione. Quando si parla di accordo difensivo a che cosa in effetti si allude? E’ verosimile che un attacco minaccioso per l’Italia abbia come base il territorio libico, oppure si deve intendere la redazione del documento come presupposto di previsioni non sempre chiaramente definibili?
Rispetto a questo ulteriore interrogativo appare ovvio che la decisione italiana va ricollegata al nuovo orientamento statunitense, inteso a intervenire con l’uso ponderato della forza in un caso sempre più allarmante, come quello libico. Se questa ipotesi è fondata, così come molti indizi fanno pensare, allora che cosa accadrebbe qualora lo scontro si facesse più aspro? Può l’Italia continuare a fare da spettatrice che si tiene lontana dai rischi del caso oppure diverranno necessarie decisioni più faticose? Il punto critico sta nel considerare che l’autolesionismo può spingersi solo fino a un certo limite, poiché la questione mediterranea è uno degli aspetti dominanti della politica estera italiana.
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