Le combattenti europee reclutano mogli per i jihadisti attaverso i social media

di Giulia Aubry
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Domenica 26 Ottobre 2014, 20:03 - Ultimo aggiornamento: 20:50
La più famosa è Umm Layth che, ormai da mesi, scrive quasi ogni giorno in inglese sul suo Diario di una Viaggiatrice (diary-of-a-muhajirah), un blog che nella testata fa riferimento agli “uccelli verdi” che, nella tradizione islamica, porterebbero le anime dei credenti in paradiso.

Umm Layth è una delle tante muhajirah – letteralmente “coloro che vengono da un altro posto”, popolarmente reso con “immigrate” – che hanno lasciato il loro paese di origine per recarsi in Siria e in Iraq, dove hanno sposato un combattente di ISIS unendosi alla sua lotta.



Molte di loro sono giovanissime, di un’età compresa tra i 18 (qualche volta anche meno) e i 25 anni. I loro visi scompaiono dietro i pesanti veli neri che lasciano intravedere solo gli occhi, ma le loro parole sono ben visibili. ISIS infatti le spinge (spesso attraverso specifici corsi di formazione, diretti anche alle irakene e alle siriane) a raccontare la loro storia, a pubblicare foto, soprattutto nelle piattaforme di micro-blog come Tumblr o Twitter.



Umm Layth, appena poche ora fa, ha pubblicato il quinto video in cui compare l’ostaggio britannico John Cantlie contribuendo alla propaganda dell’organizzazione cui ha scelto di aderire. Ma normalmente i suoi post sono rivolti alle altre potenziali muhajirah che vivono, secondo la sua convinzione, in ogni parte del mondo, ma ancora non hanno trovato il coraggio di lasciare la casa dove abitano per arrivare a quella cui sono realmente destinate.



E così Umm Layth, di origine britannica ma ormai da nove mesi (come lei stessa racconta nel blog) in Siria, fornisce loro delle precise indicazioni su cosa portare e come comportarsi. In un perfetto inglese scrive che potranno trovare shampoo, sapone e tutti gli altri prodotti per l’igiene femminile, quindi “non stressatevi pensando che qui vivrete come donne delle caverne”. Aggiunge però una raccomandazione alle sorelle sposate o in procinto di sposarsi con i loro fidanzati e mariti combattenti: “portate con voi il trucco e i gioielli da casa perché, credetemi non c’è assolutamente nulla qui… a meno che non desideriate sembrare un clown!”. E in un atteggiamento quasi da sorella maggiore ricorda loro che “siamo state create per essere madri e moglie, la società occidentale ha cercato di negare tutto ciò con la subdola mentalità femminista”. Ed è probabile che Umm Layth sia incinta poiché negli ultimi giorni ha pubblicato numerose immagini di neonati con la scritta “non posso aspettare”.



Moglie devota, desiderosa di diventare madre, fedele alla causa che ha abbracciato e che difende contro ogni deriva interna ed esterna, Umm Layth non è sola in questa sua visione. Umm Mu’awiyah, che nel suo profilo twitter appare con un burqa rosso che la nasconde a qualsiasi sguardo estraneo, è da poco arrivata a Mosul e ogni giorno si rimprovera per aver deciso troppo tardi di intraprendere il suo viaggio di muhajirah, la sua Hijrah nello Stato Islamico. E alle sue amiche, rimaste ancora a casa, chiede in un tweet: “perché parlate per mesi del desiderio di compiere il vostro viaggio ma continuate a vivere nei paesi degli infedeli? Agite, non parlate!”.



Apparentemente dolci ma profondamente convinte dell’adesione a un movimento che nega loro i diritti e che conduce ogni giorno alla violenza efferata. Impegnate a mostrare, nei loro racconti, una vita normale, a fronte dell’atteggiamento dei loro compagni maschi che, nei social media, si mostrano in atteggiamenti da gangsta rapper esibendo le teste mozzate dei loro nemici. Le tante Umm Layth e Umm Mu’awiyah, che si incontrano navigando nei social, sembrano distanti anni luce dalle rappresentazioni che le vedono violentate, maltrattate, costrette a restare nello Stato Islamico contro la loro volontà, anche dopo la morte dei mariti. Quelle parole, condite da emoticon e cuoricini, nascondono una realtà fatta di violenza, e fanno quasi pensare che queste ragazze non esistano realmente, che siano dei fake creati al solo scopo di reclutare altre donne, mogli e madri per Isis. Umm Layth racconta di essere un medico altamente professionalizzato in Gran Bretagna, e di aver ricevuto un’offerta di lavoro per un ospedale gestito da Isis, ma che il matrimonio e la dedizione al marito e alla causa sono molto più importanti.



Un mondo in cui è difficile distinguere tra realtà, immaginazione e propaganda. Un mondo che si vuole chiuso e tradizionale ma che utilizza i modernissimi social media. Un mondo che si nasconde dietro i pesanti veli e i ghirigori dei pensieri di Umm Layth. Un mondo che sembra sempre più difficile comprendere.