Molte sono morte in prigionia. Chi, invece, è riuscita a scappare ha dovuto affrontare il calvario della “riabilitazione” in una società che le considera sporche per quanto sono state costrette a subire. Secondo il Sunday Times, molte donne, alcune perfino bambine, si stanno rivolgendo a dottori curdi per abortire: dopo le violenze tante vittime sono rimaste incinte e adesso l'unico modo per essere accettate in una comunità che vede di cattivo occhio il sesso prima del matrimonio è rivolgersi alla medicina. Il tutto reso più difficile dal fatto che in Kurdistan la legge vieta gli aborti, anche in caso di stupro. Tuttavia alcuni dottori stanno eseguendo interruzioni di gravidanza e ricostruzioni dell'imene in laboratori clandestini e ambulatori segreti per “cancellare” per quanto possibile le tracce delle violenze ed evitare l'onta in una comunità religiosa dalle rigide regole.
Yazidi Rashida ha 31 anni ed è una delle donne che ha potuto raccontare la sua storia. «I jihadisti hanno scritto i nostri nomi e li hanno estratti a sorte come in una lotteria – ha raccontato - L'uomo che mi ha scelto, Abu Ghufran, mi ha costretta a fare il bagno e io ho tentato di suicidarmi: ho trovato del veleno in casa e l'ho distribuito ad altre ragazze. Quando è arrivato il momento di lavarmi l'ho portato in bagno con me e l'ho bevuto. Nessuna delle ragazze che ha ingurgitato la sostanza è morta ma siamo state tutte male».
Un'altra donna, identificata come Dilara, ha raccontato di essere stata portata in una sala per matrimoni in Siria dove i combattenti Isis le hanno intimato di dimenticare i suoi parenti e di prepararsi, dopo le nozze forzate, a portare in grembo il figlio di uno dei jihadisti. «Dalle 9.30 del mattino – ha raccontato Dilara - gli uomini venivano a comprare ragazze per violentarle. Ho visto soldati dell'Isis tirare per i capelli e picchiare ragazze che tentavano di resistere. Le portavano via e dopo averle violentate le riportavano indietro in cambio di una nuova vittima. Erano come animali».
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