Guerra all'Isis, dopo tentato colpo di Stato c'è il rischio di una frenata

Guerra all'Isis, dopo tentato colpo di Stato c'è il rischio di una frenata
di Marco Ventura
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Lunedì 18 Luglio 2016, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 10:20

ROMA I dubbi sull'affidabilità della Turchia nella lotta all'Isis li esprime in modo forse calcolatamente non diplomatico su «France 3» il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault, uno dei primi capi-diplomazia occidentali a parlare al telefono col suo omologo turco nella notte del tentato golpe. La domanda che gli viene posta riguarda la determinazione di Ankara nel contrasto al Califfato. «Ci sono interrogativi che dobbiamo porci e ai quali dovremo rispondere», spara Ayrault. «La Turchia è affidabile in parte, ma ci sono anche sospetti. Bisogna essere onesti su questo». Non è un caso che i dubbi vengano sollevati da Ayrault all'indomani della vittoria di Erdogan sui golpisti e della pesante repressione su militari e magistrati che ne è stata la diretta conseguenza.
 
 


GLI INTERROGATIVI
Che cosa cambierà ora nella guerra che si sta combattendo? Le rocambolesche vicissitudini della base Nato (e turca) di Incirlik nel Sud-est del Paese, lasciata senza luce e col divieto di decollo e atterraggio, sono la cartina di tornasole dei cambiamenti succedutisi in una notte. Il riverbero sul terreno non solo del golpe fallito, ma anche delle mosse di politica estera compiute dalla Turchia di Erdogan nelle ultime settimane. In primis, il cambio di passo verso la Russia in un momento in cui gli interessi di Putin divergevano e divergono fino a confliggere con quelli di Obama, in Ucraina e in Europa come in Siria. Mosca appoggia Bashar al-Assad, osteggiato dalla coalizione occidentale. Fino a qualche giorno fa, anche Erdogan era schierato contro il regime di Damasco. Oggi un po' meno. La Russia avrà mano libera in Siria contro il Califfato e al fianco di Assad, mentre la riconciliazione con Erdogan potrebbe avere il corollario di un via libera russo alla parallela guerra della Turchia contro i curdi di frontiera.
Curdi che sono combattivi alleati degli occidentali, e che proprio grazie al nostro addestramento e rifornimento di armi, oltre che all'appoggio aereo della coalizione, sono riusciti con i loro peshmerga a riconquistare città e posizioni importanti occupate finora da Daesh.

L'Isis ha resistito nei suoi territori grazie alle divisioni tra i paesi che hanno potenza militare e interessi strategici nell'area. La parziale inaffidabilità di Erdogan agli occhi della Francia nasce dalle contorsioni politiche del Sultano, pronto adesso a riallacciare un rapporto privilegiato con Putin. Nel frattempo, è vero che sono riprese le operazioni militari anti-Isis da Incirlik, ma Ankara continua a staccare a tratti la corrente e la Nato deve affidarsi ai generatori autonomi. In più, Erdogan decide di volta in volta se aprire o chiudere lo spazio aereo, rimarcando la sovranità della Turchia. E non basta. È stato interrogato e arrestato un alto generale della base, Bekir Ercan Van, in seguito a un sospetto riferito da una fonte anonima (lo scrive Hurriyet): la base avrebbe dato assistenza e rifornito un caccia golpista.

 
LE DIFFERENZE
Il paradosso è che mentre Erdogan alza il livello della tensione con gli USA e reclama la restituzione del predicatore miliardario Fethullah Gulen riparato anni fa in Pennsylvania e indicato da Ankara come il cervello del putsch, era stato però l'amico ritrovato Putin, e non l'America, ad accusare la famiglia del leader turco di fare affari con l'Isis al mercato nero del petrolio. E se è vero che ultimamente i controlli dei militari turchi alla frontiera con la Siria sembrano essere più stringenti verso i potenziali foreign fighter che vogliono unirsi alla lotta jihadista, la permeabilità di quel confine è stata spesso portata a esempio dagli europei dell'ambiguità di Ankara verso il Califfo.
Il rafforzamento di Erdogan dopo il tentativo di colpo di Stato neutralizzato dai lealisti e l'appello (accolto) via FaceTime al popolo a scendere in piazza, potrebbe spingere Erdogan verso una politica più assertiva e spregiudicata, meno collaborativa con l'attività della coalizione dominata da Nato e Stati Uniti. Erdogan può inoltre contare su uno strumento di persuasione formidabile nei rapporti con l'Europa: il controllo dei flussi migratori. Americani e occidentali avevano impiegato 10 mesi, almeno dall'ottobre 2014, per ottenere l'uso di Incirlik contro il Califfato (accordo formalmente firmato il 29 luglio 2015). Ma la precaria collaborazione con i turchi rischia adesso di tornare al punto di partenza.