Gli omosessuali nel mirino dell'Isis in tutto il mondo sicurezza rafforzata

Gli omosessuali nel mirino dell'Isis in tutto il mondo sicurezza rafforzata
di Renato Pezzini
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Martedì 14 Giugno 2016, 08:15
MILANO I nemici dei gay fino a domenica non avevano armi. I nemici erano i «bacchettoni» e i «benpensanti», i predicatori che lanciavano anatemi, i politici che invocavano iniziative discriminatorie, i fascisti che sputavano veleno e disprezzo, i bulli che emarginavano. Certo, la storia è piena di episodi di violenza contro gli omosessuali. Ma la strage di Orlando ha cambiato tutto in pochi istanti: ora la paura è che la campagna di odio possa trasformarsi in una carneficina in qualsiasi momento.

Le cronache in arrivo dagli Stati Uniti raccontano di una mobilitazione di quella che oggi viene chiamata «comunità lgbt», lesbiche, gay, transessuali. Ieri sera a migliaia si sono radunati davanti allo Stonewall Inn, il locale del Village che a New York è considerato dalla fine degli anni 60 il luogo simbolo dell'omosessualità. Fra loro c'era un giovane ispanico, Brendon Cordeiro, attorno a cui i giornalisti hanno fatto capannello: «I bar e i club gay erano il nostro rifugio sicuro, lì non mi sono mai sentito minacciato. Ma adesso mi guardo le spalle».

 

UNA COMUNITA' SPAVENTATA
C'era anche molta polizia a controllare e a sorvegliare. Da due giorni i ritrovi degli omosessuali sono considerati un «obiettivo sensibile». A New York, a San Francisco (la città gay per eccellenza), a Los Angeles dove la polizia poche ore dopo la strage di Orlando ha fermato un giovane che si avviava armato al Pride della metropoli californiana. E' una comunità spaventata dopo essersi illusa negli ultimi anni di aver visto la luce al fondo del tunnel della discriminazione.

Di qua dall'Oceano il clima non è diverso. Franco Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, spera che la strage di Orlando sia unica nel suo genere: «Ma ci sono minacce sui siti jihadisti, ci sono fanatici che esultano e si dicono pronti all'emulazione. Ci sentiamo nel mirino. Ed è ovvio che ora si ponga il problema della sicurezza delle comunità lgbt». A Londra, a Parigi, in buona parte dei Paesi Europei il clima è lo stesso: voglia di reagire, ma anche paura che sia iniziata una nuova feroce campagna armata degli omofobi.

Tom Knight, un attivista gay assai noto in Gran Bretagna, ha organizzato per ieri sera una veglia nel quartiere londinese di Soho dove i locali lgbt sono numerosi. Ha invocato una «massiccia partecipazione» alla veglia, ma anche chiesto la presenza «non simbolica» delle forze dell'ordine: «Abbiamo bisogno di sentirci protetti e rassicurati». Fra meno di due settimane per le strade della capitale inglese sfileranno i partecipanti al Gay Pride, uno dei più affollati e più festosi d'Europa, e il governo ha già garantito misure di sicurezza imponenti.

SICUREZZA AL GAY PRIDE
Anche in Italia sono in programma, dopo quella di Roma di sabato scorso, sfilate omosessuali. La prossima fra quattro giorni a Firenze, poi verrà Palermo. E le questure si stanno mobilitando per intensificare i controlli anche perché in risposta al massacro di Orlando è prevista una grande partecipazione. Ieri l'Arci, invocando la presenza alle diverse sfilate di chi non fa parte della comunità omosessuale, ha diffuso una dichiarazione dai toni preoccupati: «La diversità, in qualsiasi forma si manifesti, è ancora per troppi, in tutto il mondo, un'espressione di libertà da combattere con ogni mezzo. L'odio dilaga sui social e si rispecchia in un dibattito pubblico farcito di offese volgari e denigratorie nei confronti di chi esprime un diverso orientamento sessuale, alimentando un clima diffuso di intolleranza e razzismo, di ostilità e disprezzo».

PIÙ AGENTI
In questi giorni i cancelli del Gay Village, all'Eur, sono chiusi. Riapriranno giovedì e rimarranno aperti fino a sabato notte, e così per quasi tutti i fine settimana da qui all'inizio di settembre. Finora al Parco del Ninfeo il servizio si sicurezza era garantito da una quarantina di agenti. Adesso diventeranno sessanta e all'ingresso saranno piazzati tre metal detector. Vladimir Luxuria, principale animatore delle iniziative, lo spiega così: «Sicuramente il Gay Village non lo chiuderemo perché significherebbe darla vinta a chi vuole farci vivere nel terrore. Ma siamo freddi e consapevoli. Aumenteremo le misure di sicurezza».