La scelta di Al Sisi/Prova di forza che produrrà nuovi equilibri mediterranei

di Alessandro Orsini
4 Minuti di Lettura
Sabato 9 Aprile 2016, 00:19
I Paesi possono interrompere le relazioni diplomatiche, ma conservare i rapporti commerciali. Accade spesso e, molto probabilmente, accadrà anche tra l’Italia e l’Egitto che, attraverso lo scontro sulla tragica morte di Giulio Regeni, stanno cercando di definire i loro rapporti di forza nel Mediterraneo, in vista della ricostruzione della Libia. 
Dal momento che il problema tra l’Egitto e l’Italia è un problema di politica di potenza, in cui ogni Stato cerca di sottrarre quote di potere all’altro, Al Sisi non può aiutare l’Italia a individuare il responsabile della morte di Regeni per due ragioni. La prima è che Regeni non è stato ucciso da una singola persona, ma da una squadra di professionisti. Studiando le torture sui prigionieri politici, si scopre che i torturatori si compongono di unità che non sono mai inferiori alle quattro persone. È riscontrato inoltre che, più è lungo il tempo della detenzione, maggiore è il numero dei torturatori, i quali devono vegliare sul torturato per impedirgli di dormire. 
Il fatto che i torturatori debbano darsi il cambio per coprire le ventiquattr’ore, accresce il loro numero. Regeni è stato sequestrato per almeno dieci giorni. Rimanendo solo, sarebbe caduto in un sonno rigenerante che avrebbe vanificato il lavoro dei suoi carnefici. Se Regeni è stato ucciso da una cellula della polizia egiziana, Al Sisi non può consegnare un numero così elevato di torturatori senza essere travolto dalla reazione dei governi dell’Unione Europea.

Governi che si sono schierati in favore dell’Italia attraverso la risoluzione del Parlamento Europeo del 10 marzo 2016. Senza considerare che i torturatori di Regeni, data l’esperienza che emerge dall’autopsia, hanno certamente fatto pratica su altri Regeni e, pertanto, sono custodi di segreti pericolosi per il regime. La seconda ragione per cui Al Sisi non può aiutare l’Italia a individuare i carnefici di Regeni è che, così facendo, dimostrerebbe che l’Italia è più forte dell’Egitto. Le regole immutabili della politica internazionale dicono che, quando un Paese consente alla magistratura di un altro Paese di operare al suo interno, si sta spogliando di quote di sovranità nazionale. Detto più semplicemente, se Al Sisi consegnasse i colpevoli all’Italia, si indebolirebbe sul piano interno, giacché nessun dittatore può fare il dittatore senza che la polizia si senta sicura di poter uccidere impunemente. Quando le polizie smettono di uccidere, i dittatori smettono di vivere. Inoltre, un’eventuale collaborazione indebolirebbe Al Sisi anche sul piano estero, dal momento che, nel codice simbolico della politica internazionale, sarebbe un inchino al governo italiano. Queste sono le ragioni per cui non avremo i nomi dei numerosi assassini di Regeni. Avendo chiarito che il governo italiano si muove all’interno di un campo di forze oggettive, che non può modificare attraverso un atto della volontà, occorre comprendere quale sarà il futuro delle relazioni tra l’Italia e l’Egitto che riassumo nella formula: «Inimicizia amichevole».
 
Dal momento che l’Italia e l’Egitto sono coinvolti in una sfida che nessuno dei due può vincere in un colpo solo, manterranno le relazioni commerciali, ma approfitteranno di tutte le occasioni per sottrarsi quote di potere nel Mediterraneo. Le tensioni tra l’Italia e l’Egitto sono una delle tante conseguenze negative, per l’Italia, del crollo di Gheddafi, che ha scatenato gli appetiti di chi vuole sedersi a capotavola nella ricostruzione della Libia. E siccome gli Stati Uniti, e i principali paesi europei, hanno già stabilito che quel posto sarà occupato dall’Italia, Al Sisi espone il suo ventre famelico. Nessuno pensi che quest’uomo, essendo un generale truculento, sia un politico inetto perché non lo è affatto. Mentre l’Italia discute eventuali misure da prendere contro l’Egitto, Al Sisi incontra - si presti attenzione - in Egitto, e non in Arabia Saudita, il potente re Salman, con il quale sta intensificando, a ogni piè sospinto, le relazioni politiche e commerciali. Re Salman è grato ad Al Sisi per averlo affiancato nei bombardamenti contro i ribelli filo-iraniani in Yemen e, guarda caso, Al Sisi lo incontra proprio nel giorno in cui invia i magistrati egiziani a scontrarsi con quelli italiani a Roma. Inutile dire che l’Arabia Saudita ha firmato un accordo da 20 miliardi di dollari per rifornire l’Egitto di petrolio per i prossimi 5 anni, e un accordo di 1,5 miliardi di dollari per lo sviluppo del Sinai. Quando due Paesi iniziano il gioco dell’ “amichevole inimicizia”, i rispettivi governi sanno che esiste soltanto un modo di migliorare la propria posizione strategica che è quello di stringere alleanze. Ecco perché la risoluzione del Parlamento Europeo, in nostro favore, ci aiuta a comprendere quali grandi vantaggi abbia l’Italia nel fare parte dell’Unione Europea e dell’area euro. Il problema del governo italiano non è soltanto la verità sulla morte di Regeni, ma la difesa degli interessi di sessanta milioni di italiani.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA