Trentaquattro anni fa uccidevano Franco Imposimato, il fratello Ferdinando: «Volevano fermare le mie inchieste»

I fratelli Imposimato
di Chiara Rai
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Mercoledì 11 Ottobre 2017, 17:24 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 12:07
“Oggi ricorre la morte di mio fratello Franco”, parole semplici ma cariche di sentimento pronunciate da Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione che ricorda l’episodio più doloroso della sua vita mentre guarda una foto d’infanzia quando lui e suo fratello erano in braccio al papà: “Ancora oggi – dice - la maggioranza degli italiani ignora che mio fratello Franco fu ucciso l'11 ottobre 1983, e la moglie ferita, per fermare le mie indagini sulla banda della Magliana, sul caso Moro e sul complotto politico retrostante . Un barbaro assassinio, con caratteristiche diverse dagli altri delitti di mafia: fu colpito un familiare del nemico da distruggere. Anche Aldo Moro, padre della Costituzione, è stato rimosso dalla coscienza civile del Paese”. 

Il delitto Francesco Imposimato fu ucciso da 11 proiettili in un agguato mentre si trovava in auto con sua moglie che rimase ferita. In un primo momento si parlò di omicidio di terrorismo addossando le responsabilità alle Brigate Rosse; il giorno successivo al delitto nella sede napoletana dell’Ansa giunse una telefonata anonima: “È stato ucciso il fratello del giudice boia”, ma ben presto fu chiara la matrice mafiosa e camorristica del delitto, anche se per le sentenze definitive si è dovuto attendere fino al 2000 e il processo Spartacus. 

La Cassazione Dunque è stato assassinato Francesco, sindacalista e fratello dell’allora giudice istruttore di Roma Ferdinando Imposimato per colpire quello che allora rappresentava un simbolo contro la lotta alla mafia e corruzione. Un dato di fatto, confermato nella sentenza di Cassazione del 30 maggio 2002: “L'uccisione di Francesco Imposimato – si legge nella sentenza -  doveva essere riguardata come un'azione trasversale nei confronti del fratello, Ferdinando Imposimato, che espresse fin dal marzo 1983, dopo attività di osservazione di ignoti su abitudini di vita di Franco, preoccupazione e allarme, per l'istruttoria che il magistrato conduceva sull'omicidio di un pregiudicato della Magliana. Che Pippo Calò, siciliano, capo della famiglia di porta nuova, voleva bloccare a tutti i costi, temendo che attraverso essa venisse scoperta la rete di affari illeciti intrecciata a Roma e in Sardegna, sotto il nome di “Mario Aglialoro “ e “Salamandra”. “Per colpire il giudice si era dovuto ripiegare sull'uccisione del fratello Francesco”. 

Le testimonianze Anche Luca Tescaroli, magistrato che indagò su Capaci e via D'Amelio e che proseguì a Roma le sue indagini sulla banda della Magliana, oggi su Mafia Capitale, ha ricordato il fratello del giudice: “Francesco era uomo tranquillo, dedito all'ambiente e al Gruppo Archeologico. Ma per gli assassini aveva una colpa: era il fratello del giudice istruttore di Roma, Ferdinando. Due sicari andati sul luogo di lavoro , chiesero di Francesco. Il giudice si preoccupò. Ottenne una scorta. Francesco non volle lasciare la famiglia e rinunciò alla scorta. Il giudice ne parlò con Michele Aiello, CSM, che fu incredulo. Il perché del delitto fu intimidire il giudice. Ricordare Francesco è dovere ; il dolore collettivo onora la memoria .Nessuno dimentichi le vittime di mafia”.

E Vincenzo Panico, commissario al Viminale per solidarietà alle vittime di mafia ricorda così quell’11 ottobre dell’ ’83: “Francesco Imposimato, 43 anni,  giovanissimo – racconta Panico - emigrò in Africa, ove frequentò una scuola artistica. Tornato in Italia lavorò a FACE Standard . Da Maria Luisa Rossi ebbe Giuseppe e Filiberto. Suo fratello Ferdinando, nel 1983 concluse la prima indagine su via Fani e sull'omicidio di Aldo Moro. Scoprì la prigione. Indagò su Magliana e legami con politici. Stava per scoprire l’identità di Mario: Pippo Calò cassiere di Totò Riina, latitante per Giovanni Falcone. Movente: fermare le inchieste del giudice. E l'impegno di Franco contro cave di camorra”. 

Per non dimenticare Fernando Imposimato ringrazia sia Tescaroli che Panico e quanti ricordano il sacrificio di suo fratello Francesco Imposimato per la loro sensibilità e amicizia: “Senza memoria – conclude Ferdinando Imposimato – non c’è futuro”.  
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