Se proprio si volesse continuare a esportare il grano ucraino a dispetto del “no” russo alla proroga dell’accordo sui corridoi sicuri, le alternative ci sarebbero.
«Basterebbe passare per le acque territoriali prima romene, poi bulgare, giù fino ai Dardanelli. Ma il noleggio delle navi, in una situazione di rischio, sarebbe troppo costoso».
Secondo l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, già ministro e prima Capo di stato maggiore della Difesa, «è molto improbabile che Putin metta in atto le sue minacce contro i mercantili.
Che succederà se gli ucraini faranno uscire le navi con il grano?
«Io non credo che Putin possa passare ai fatti, ma se le navi mercantili hanno paura di esportare grano ucraino per una minaccia dei russi di affondarle, i costi si impenneranno e i mercantili non vorranno correre rischi così elevati e non usciranno dai porti. Certo, Putin rischia col blocco del grano di alienarsi il Sud del mondo. Pensa forse di sostituire le forniture di grano dall’Ucraina, con grano russo gratis».
Se un cargo tentasse la rotta alternativa e fosse attaccato dai russi, cosa succederebbe?
«Le acque territoriali sono a tutti gli effetti territorio nazionale. Sofia e Budapest potrebbero invocare l’art. 5 dell’Alleanza atlantica, chiedendo aiuto, ma non è detto che bulgari e romeni vogliano correre il pericolo».
La via ferroviaria non è un’alternativa?
«Le quantità di cereali esportabili sarebbero inferiori e i costi maggiori».
Quanto è forte la flotta russa nel Mar Nero?
«Il Mar Nero oggi è un mare chiuso, attraverso gli Stretti non passano navi militari. Ma la flotta russa in loco è autosufficiente e ha ancora una sua consistenza».
E le mine subacquee?
«Finora le navi, con le loro scorte turche o russe, sono passate senza incidenti. Il problema delle mine è serio, perché sopra non c’è scritto Made in Russia o Made in Ucraina. L’arma è subdola e i russi potrebbero ricorrere a un’attività di minamento galleggiante che poi va alla deriva».