L'ambasciatore del Perù in Italia: «Istruzione e nuova politica, solo così possiamo uscire dalla crisi»

Disordini nel Paese dopo il tentato golpe del presidente Castillo

L'ambasciatore Martinetti con il presidente Mattarella
di Gianluca Perino
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Lunedì 20 Febbraio 2023, 14:01

Il tentato golpe da parte del presidente Castillo (bloccato), le proteste di piazza con duri scontri con l’esercito e la polizia, la richiesta di elezioni anticipate, le difficoltà delle aree rurali. Il Perù è alle prese con uno dei momenti più complessi della sua storia. Ma per l’ambasciatore peruviano in Italia, Eduardo Martinetti, il sistema democratico del Paese non è in pericolo. Anzi, sta reagendo bene. 


Ambasciatore, cosa sta succedendo in Perù?
«Negli ultimi anni il Perù ha affrontato una situazione molto complicata. Da una parte abbiamo raggiunto uno dei migliori standard economici dell’America Latina, ma dall’altra, e mi riferisco soprattutto alle aree rurali, non siamo stati in grado di fornire risultati maggiori attraverso progetti sociali ed economici. Abbiamo fondi, e anche dei progetti, ma non siamo stati in grado di realizzarli pienamente. Quindi, oggi, siamo alle prese con delle carenze su istruzione, sanità, infrastrutture, strade. Detto questo, abbiamo anche compiuto molti passi avanti: non siamo più solo un Paese di minatori e pescatori come una volta. Ad esempio, stiamo crescendo molto velocemente nel settore delle esportazioni agroalimentari. E oggi siamo il secondo Paese in America Latina per l’esportazione di cibo».


Quindi il problema del Perù è soltanto economico?
«No. C’è un altro aspetto molto importante. Stiamo attraversando una crisi politica sistemica da ormai 7-10 anni. E questo è stato causato fondamentalmente da due ragioni. In primo luogo, i partiti politici sono scomparsi: quelli che abbiamo avuto negli ultimi due decenni o più, sono stati solo movimenti politici che si sono messi insieme per le elezioni. Seconda cosa, non abbiamo leader politici di esperienza».


Con il tentativo di colpo di stato del presidente Castillo, la democrazia del Perù è stata messa a rischio. Cosa ne pensa?
«La nostra democrazia funziona, il sistema di separazione dei poteri è chiaro, i diritti vengono rispettati, così come la libertà di espressione e la stampa. Con il presidente Castillo abbiamo gettato al vento un altro anno e mezzo. Ci ha consegnato un Paese più povero di prima, con più corruzione. Il suo tentativo di colpo di stato è stato un fiasco, perché nessuno, compresa la polizia e l’esercito, ma anche i suoi ministri, ha deciso di seguirlo».

Adesso la gente però chiede elezioni anticipate.
«Beh, la popolarità del Congresso è stata inferiore al 10% negli ultimi anni.

La popolarità della presidente non è mai stata più alta del 27% e sta scendendo. Quindi la necessità di nuove elezioni ora è sostenuto da, non conosco esattamente la cifra, ma circa il 90% del la popolazione. In questo momento il Congresso sta discutendo una legge per tagliare il mandato del presidente e quello del Congresso stesso. Penso che potremmo avere elezioni anticipate già nell’ottobre di quest’anno. Del resto, questo è anche il desiderio espresso dalla presidente».

Qual è la prima cosa che dovrebbe fare un nuovo governo?
«Direi che in generale in America Latina, e anche in Perù, le soluzioni vanno pensate in una prospettiva a medio termine. Detto questo, ci sono due cose delle quali occuparsi subito. Le Ande, che hanno avuto due anni di tremenda siccità; bisogna portare subito aiuto nelle zone rurali, dove le famiglie sono senza acqua da troppo tempo. Poi bisogna affrontare il problema dell’istruzione perché con la pandemia la scolarizzazione si è di fatto interrotta per un anno e mezzo. Nelle zone rurali non c’è internet, quindi migliaia di studenti sono rimasti di fatto tagliati fuori». 


Crede che la situazione attuale in Perù possa spaventare in qualche modo gli investitori stranieri?
«Se parliamo degli investitori italiani direi di no. Le aziende del vostro Paese stanno lavorando su progetti a lungo termine. Mi riferisco alla costruzione di ponti in Amazzonia, ma anche alle telecomunicazioni e all’energia, passando per le nuove linee della metropolitana di Lima. Tutto questo non verrà influenzato. Ciò che ne risentirà è il tuo turismo. Ci vorrà un po’ di tempo ma si risolverà tutto, daremo informazioni puntuali. E comunque tenga conto che le proteste non sono in tutto il Paese, ma solo nella parte Sud. A Lima, che è una città di nove milioni di abitanti, la vita va avanti normalmente, ci sono giusto delle manifestazioni fuori dai palazzi delle istituzioni».


Come sono i vostri rapporti con il nuovo governo italiano?
«Direi ottimi. Le relazioni tra i nostri Paesi sono sempre state molto buone e l’anno prossimo celebreremo appunto i 150 anni di rapporti bilaterali. E adesso vogliamo lavorare a nuovi accordi proprio in vista di questo importante anniversario».

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